Sensi civici

Bata - Via Roma - Acri

Questa rubrica, per la quale ringrazio il direttore della testata che la ospiterà, nasce da una raccolta di riflessioni, che confluirà in un libro di prossima uscita, dal titolo “Contro il Sud, per il Sud”, ed ha come obiettivo il sollevare e denunciare le innumerevoli contraddizioni di una terra difficile, per quanto rigogliosa, come la Calabria, che diventa paradigma –tra luci e ombre di sempre- dell’intero meridione.

Sono riflessioni brevi che avrò il piacere (o dispiacere, se scomode!) di condividere con i lettori, e che hanno come tema centrale la necessità, urgente, di riportare al centro dell’attenzione il senso civico: questo “oscuro tema” che è diventato marginale, pur essendo determinante nella vita di ogni comunità.

I nuovi barbari, che hanno preso d’assalto le ultime resistenti forme di civismo pubblico, hanno svolto un lavoro intenso, massacrante, per farci dimenticare buon gusto, saggezza, equilibrio, civiltà, decoro, pulizia, attenzione alle cose comuni così come a quelle personali.

Il tentativo, se non estremo senza dubbio arduo, è farci prendere coscienza della necessità di un nuovo civismo, che passa da tante cose, ma soprattutto, se unito a una coraggiosa spinta al cambiamento, può essere il volano per aiutarci a voltare pagina, dopo anni di crisi, lamenti, rinunce remissive, umiliazioni, equivoci, banalizzazioni.

In questa prima occasione, mi pare giusto partire da lontano, riannodando quel sottile, ma sempre più lontano, purtroppo, filo della memoria storica, che ci richiama a una antichissima origine di stirpe guerriera bruzia, di fierezza, orgoglio, audacia di indomita resistenza ai soprusi, di civiltà soprattutto. Proprio quest’ultima, il sogno di una civiltà durevole ed estesa e il senso civico che ne emerso e che hanno resistito fino alle ultime esperienze della civiltà contadina, sono venute a mancare nelle nostre comunità, soprattutto negli anni a partire dal cosiddetto “miracolo italiano”. Sono tanti i film, i libri, le storie che raccontano questo avvento delle orde barbariche della modernità distorta, che sporcano le strade pubbliche, parcheggiano in doppia o tripla fila, non rispettano le regole, anzi fanno apposta a trasgredirle, compiono gesti vandalici su edifici, monumenti, bestemmiano, usano un linguaggio triviale, sono aggressivi e arroganti, villani e trasgressivi oltre misura.

Questo modello, al quale non sfugge buona parte della comunità acrese -che sembra essere una non esigua minoranza purtroppo- sopraffà quanti invece le regole le rispettano, il che non vuol dire essere idioti o bacchettoni, ma solo civili, per l’appunto e avere a cuore una società giusta, equa, corretta, cordiale, elegante e amante del buon vivere.

E tutta questa distorsione ha responsabilità precise e individuabili: le famiglie, tra le prime ad avere rinunciato alla buona educazione, la Scuola che ha perso il senso civico da quando è scomparsa dai banchi proprio l’educazione civica, le pubbliche amministrazioni che non hanno mai avuto la sensibilità di attuare e condurre campagne di sensibilizzazione, gli stessi cittadini che hanno totalmente smarrito il concetto di senso civico da quando si sono trincerati nel chiuso di “dialoghi” surreali in rete, affidando ad invettive social, piuttosto che ai comportamenti reali, il rispetto delle regole minime di convivenza civica.

Se una rinascita del sud è auspicabile nei prossimi anni, questa non può assolutamente prescindere da una nuova stagione di urbanità, di civiltà, di sensibilità ecologica, di attenzione alla cosa pubblica come bene comune da tutelare e far rispettare, non può prescindere dall’abbandonare l’uso distorto e ossessivo dell’automobile e del voler entrare nel bar o dentro casa incollati al sedile di guida, parcheggiando smodatamente, fermandosi per strada con il finestrino aperto a parlare con l’amico e formando code dietro dei se. E occorre ricordare che non può essere l’automobile l’unico mezzo per muoversi, così aumentando obesità e malattie circolatorie, e non può, questa rinascita, prescindere da uno stile di vita sano e che preveda il camminare, il muoversi in bicicletta, il non inquinare, il risparmiare carburante dunque. Spesso di fronte a queste argomentazioni l’assurda risposta è “ma dai siamo ad Acri…, cosa ti vuoi aspettare!…” ma perché Acri non è in Italia, non è forse in Europa, non è Mediterraneo culla di grandi civiltà, non fa parte del mondo che si emancipa anziché tornare indietro, perdendo pezzi di civiltà e dimenticando che la cultura e la bellezza sono state la nostra grande risorsa?

Acri non è nemmeno un’isola felice, anzi da alcuni anni è piuttosto infelice, e non può permettersi il lusso di perdere coesione sociale proprio perché questa serie di inciviltà genera una diffusa mancanza di coesione sociale, un male endemico e da debellare, soprattutto al sud perché penalizza le economie locali, le relazioni con le altre realtà, mortifica ogni sforzo imprenditoriale, vanifica ogni prospettiva di cambiamento.

La politica, i politici, che hanno smarrito ogni legame diretto con le persone, con “l’uomo della strada”, tornino a coltivare bellezza e civiltà, forse solo così potranno attendersi un riscatto minimo e un nuovo interesse verso la loro attività, oggi ormai marginale e poco influente sulle reale potenzialità di cambiamento!

Riflettiamo, siamo ancora in tempo per cambiare rotta e risanare le nostre abitudini, per far si che i sensi civici tornino come parte centrale della nostra quotidianità!

Pino Scaglione

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