Quando Fumel fu inviato in Calabria

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Com’è noto, Fumel ebbe l’incarico del Governo di debellare il “brigantaggio” in Calabria.

Da quanto riportato da storici e cronache dell’epoca mandò all’altro mondo tanti che erano solo sospettati di brigantaggio. Insomma sparò nel mucchio.

Vari municipi gli conferirono la cittadinanza onoraria.

La Gazzetta del popolo di Torino così scriveva, nel 1863:

“Fra le undici provincie dell ex-regno di Napoli in cui si è dovuto dichiarare lo stato di bringantaggio per applicarvi la legge testé votata dal Parlamento (ndr si tratta della legge Pica) è nuovo (dice la Stampa) che appaia la Calabria Citeriore”.

La Calabria Citeriore, ricordiamo era detta la provincia di Cosenza.

“Diffatti – prosegue il giornalista – finché vi stette il colonnello Fumel quella provincia fu una delle più tranquille, e appena partitone il Fumel essa divenne infetta al pari delle più magagnate, il che prova (conchiude la Stampa) che il Fumel vi si debbe rimandare e subito; la qual cosa siamo lieti di sentire che il governo intende fare e presto.

Benchè amici del Fumel, ci spiace che i fatti ne abbiano presa così presto e in tal modo la difesa. Avremmo voluto che la Calabria avesse continuato ad essere tranquilla anche a costo che ciò dovesse far meno apprezzare i servigi resi dall’animoso colonnello.

Ma poiché il fatto è fatto, e i briganti infestano ora anche la Calabria, siamo lieti anche noi che si pensi a rimandare in quella provincia l’uomo che per tanto tempo la preservava, e che con ciò dimostrava che il brigantaggio può essere o impedito o contenuto o represso anche dall’operosità di pochi uomini purché si consacrino a questa impresa con vocazione speciale”.

Non tutti la pensavano così e non tutti approvavano i mezzi e il metodo seguito da Fumel. Scattava, allora, la difesa del giornale.

“Ora – scriveva – sorge un’altra quistione.

Attaccato in Parlamento con estrema violenza e con solenne ingiustizia dal partito che (per figura retorica) si pretende più avanzato, il Fumel benché difeso con uguale energia da Morelli e da altri, tuttavia fu lasciato inoperoso, il che potea far parere (agli occhi del volgo) che il governo lo condannasse.

Ebbene il Fumel avrà egli ancora, ciò malgrado, presso le popolazioni quella stessa autorità morale che gli dava la forza di fare il bene?

Noi lo speriamo. Ma possa questo esempio far comprendere quanto importi di non sacrificare facilmente uomini benemeriti sol perché a qualche deputato viene in mente di accusarli nella Camera!”.

Ora, a mente serena, c’è chi condanna quei metodi, come c’è chi ritiene che, all’epoca fossero stati necessari. Il dibattito, insomma, continua.

Giuseppe Abbruzzo

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