‘U ‘Mpasturavacchi

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Quando gli animali vaccini erano numerosi dalle nostre parti e servivano per i lavori di aratura, trebbiatura, per il trasporto, aggiogati ai carri ecc. si raccontava che un serpente, ‘u ‘mpasturavacchi (l’impastoia vacche) ne succhiasse il latte, dopo avere immobilizzato le gambe delle povere bestie. Questo serpente, sembra debba identificarsi col cervone (elaphe quattuorlineata).

I custodi di vacche ne raccontavano con alone di mistero e come fatto impressionante, come aspetto magico-naturale. Aggiungevano che quel succhiare il latte era così dolce che le vacche non solo non si ribellavano, ma sembrava prendessero piacere.

Chi ascoltava, ignaro di tutto, restava sorpreso e temeva che quel serpente avesse avuto poteri tali da poter arrecare, anche agli umani, azioni cattive e, forse, letali.

Era possibile tutto questo?

Cediamo al naturalista Giuseppe Genè, che così scrive nel 1853, sfatando la credenza:

cominciamo dal negare che i serpenti amino ed appetiscano il latte a ciò indotti dal risultamento di molte e molte prove da noi fatte con ogni possibile diligenza: neghiamo quindi che vadano a succhiarlo dalle vacche. Può darsi, benché da noi non si creda, che, come fu le cento volte narrato, siasi qualche biscia attaccata ne’ pascoli o nelle stalle ai capezzoli delle vacche; ma se il fatto è vero, noi lo reputiamo male interpretato riguardo all’intenzione”.

La certezza del citato autore è così motivata: “Le bisce, siccome animali che traspirano pochissimo, sentono rarissimamente e debolmente la sete; è dunque improbabile che spingansi a quell’atto per dissetarsi. Se invece lo fanno per soddisfare la fame avranno piuttosto il capezzolo di mira che non il latte che vi si contiene; giacché il loro alimento consiste unicamente e senza eccezione di sorta alcuna nelle carni di animali vivi che esse addentano ad una delle estremità e che inghiottono interi, quantunque più grossi di loro, in grazia della enorme dilatabilità delle loro mascelle, delle loro fauci e del loro esofago”.

A questo va aggiunta altra motivazione sull’impossibilità del suggere il latte:

Del resto – precisa Gené -, che l’azione del poppare sia fisicamente impossibile ai serpenti, lo dimostrano la struttura generale delle parti della bocca e il modo e le vie della respirazione. Il vuoto non può farsi nella cavità della bocca di questi animali per la mancanza di labbra carnose, per la soverchia brevità del tragitto delle nari, pel difetto di un velo al palato e per quello di una epiglottide sull’ingresso della trachea. I denti poi essendo curvati, a punta acuta, e rivolti all’indietro, fanno bensì e molto utilmente, l’ufficio d’uncini per rattenere la preda vivente ma, nell’azione del poppare, aderirebbero sì fortemente al capezzolo della vacca, e tanto vi penetrerebbero, da non essere più in balia del serpente medesimo il distaccarsene. Sia dunque con buona pace dei mandriani; noi non sappiam prestar fede a una diceria, la quale, benché sia ripetuta da più e più secoli, non poté mai ottenere, come cosa avverata, un posto negli annali della scienza”.

‘U ‘mpastura vacchi, perciò, non s’attacca alle mammelle delle vacche per succhiarne il latte, come dicevano i mandriani. Così si svela la diceria corrente di un tempo passato.

Giuseppe Abbruzzo

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