Eutanasia di un sistema

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L’attuale assetto politico nazionale è in pieno collasso, costretto com’è stato ad affidarsi a un banchiere per gestire ciò che, normalmente, viene affidato a chi è stato eletto per questo specifico scopo. La crisi recente, e la conseguente chiamata di Mario Draghi, appaiono – come da più parti sottolineato – atipiche e non paragonabili ad altre condizioni emergenziali più o meno recenti. Essa, infatti, è diversa sia dal governo Ciampi del 1993 che da quello guidato da Mario Monti nel 2011. In entrambi queste situazioni, il “tecnico” veniva chiamato dopo la constatazione di un sistema incapace di rinnovamento per partenogenesi, perché totalmente inadeguato. Nel 1992, Ciampi arrivava dopo che un sistema politico era stato pressochè totalmente spazzato via da corruzione  e malaffare. Nel 2011, Monti arrivava dopo che il governo precedente aveva portato il Paese sull’orlo del default. Oggi, Mario Draghi è stato chiamato per sostituire un presidente del Consiglio capace e rispettato anche sul piano internazionale al punto da strappare all’Europa 209 miliardi di euro. Giuseppe Conte non è uscito sotto l’onta di monetine lanciate ma tra gli applausi e le manifestazioni di stima. E’ uscito per effetto di una congiura di palazzo, dove una forza minoritaria e disgregatrice aveva da tempo iniziato a minare un esecutivo che era stato capace di gestire degnamente, pur con qualche esitazione, una delle crisi peggiori dal secondo dopoguerra. I poteri forti e le grandi testate giornalistiche a loro asservite avevano iniziato dall’autunno a paventare una nuova leadership evocando, mesi prima, il nome dell’ex presidente della Banca Centrale Europea. La nascita del governo Draghi è coincisa e forse ha accelerato l’implosione del PD e la scissione nei 5 stelle. Non manca chi vede la crisi del  PD come il frutto dell’azione dello stesso personaggio che ha determinato la crisi del governo Conte. Renzi rappresenta l’antitesi della nostra idea di politica e riteniamo che la sua collocazione nel centro-sinistra fosse oggettivamente fuori luogo. Tuttavia, riteniamo che nel processo di dissoluzione avanzata del PD l’azione del personaggio di Rignano sia stata del tutto minoritaria. Il PD è imploso perché rappresenta un ectoplasma, una sorta di emulsione tra due elementi tra loro insolubili. Due anime diverse quanto ad origine, storia, cultura e tant’altro che per anni hanno convissuto in forza di un antiberlusconismo che oggi appare non più attuale per essere il cavaliere e la sua compagine scarsamente rilevanti. Stare insieme contro qualcuno non vuol dire fondersi né omogenizzarsi ma solo fare fronte comune. Le due figure migliori che quel partito poteva vantare – ci riferiamo a Enrico Letta (defenestrato indegnamente dall’esponente di Rignano), espressione di un’area cattolica progressista e illuminata e a Pierluigi Bersani, autentico signore della politica e persona per bene e competente  – sono state fatte fuori dalla foga distruttrice di chi, paradossalmente, avrebbe dovuto rottamare il vecchio e il marcio. Una nemesi storica meravigliosa dovrebbe prevedere a breve due soluzioni che metterebbero parzialmente le cose a posto: Enrico Letta segretario del PD e Pierluigi Bersani presidente della Repubblica. Siamo pronti a scommettere, però, che nessuna di queste due opzioni diventerà reale, a dimostrazione di un sistema logoro e incapace di auto rinnovarsi. Per riempire entrambe queste caselle, si ricorrerà a soluzioni pasticciate e di compromesso, con buona pace di quei pochi che credono ancora di vivere in un sistema democratico.

Massimo Conocchia

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2 risposte

  1. vincenzo rizzuto ha detto:

    Caro Massimo, mi trovo d’accordo con te nel giudizio sui ‘toscanacci’, la cui opera e funzione di sabotaggio credo sia al servizio dei soliti ‘poteri occulti’, che da sempre ostacolano il libero svolgimento della democrazia in Italia e non solo. Ma tutto questo è stato reso possibile dalla inadeguatezza della Sinistra, che da decenni ormai ha smarrito la propria identità e il legame con i bisogni fondamentali del mondo del lavoro, unitamente alla necessaria tenuta culturale.

    • Massimo Conocchia ha detto:

      Carissimo Professore, il suo giudizio sulla crisi profonda di identità della Sinistra italiana è ampiamente condiviso. L’allontanamento dai bisogni della gente, l’arroccamento nella difesa di posizioni di privilegio di pochi, hanno fatto sì che molti non si identificassero più in questa cosiddetta sinistra, che di sinistra non ha più nulla. Ricordo a fine anni 90, quando Massimo D’Alema era presidente del consiglio, dopo la defenestrazione di Prodi, Che scrisse ad Andreotti allora sotto processo, dicendogli: presidente, sapesse quanto la penso… Ritengo che da dopo Berlinguer, la sinistra abbia attraversato una progressiva perdita di identità. Basta guardare quello che è successo in Calabria, da quarant’anni circolano sempre gli stessi nomi e, quando fa un passo indietro il marito, ci ritroviamo la moglie o il parente. Ritengo, purtroppo, che questo sistema non sia più in grado di rinnovarsi.un caro saluto e un abbraccio.

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