Il Maca e le mezze calzette.

Bata - Via Roma - Acri

In seguito a quanto si è scritto sul MACA, sono spinto non a ergermi a difensore, che non ne ho la stoffa, né se ne ha bisogno. Tutto, però, m’impone a una riflessione e a qualche dichiarazione che, spero, verrà raccolta e fatta propria dagli Acritani, che hanno a cuore le sorti del paese d’origine o eletto a dimora.

Come è noto, fin dalla più giovane età, ho cercato di capire l’indole di questo Popolo e salvarne, per quanto possibile, la Cultura, che spazia su diversi campi.

I saggi anziani, con i quali intessevo rapporti e interviste mi hanno portato a riflessioni degne dei più grandi filosofi, perché fondate su quella definita dalle persone colte come intelligenza pratica.

Sono tentato di aprire col Padula: “Acri sarebbe un bel paese se…”, ovviamente con riflessioni mie. Mi torna a mente la constatazione di un nostro saggio anziano. Mi faceva rilevare che, nel nostro beneamato paese, esiste una schiera, che definiva menzi quazetti (mezze calzette) ossia, precisava: “gente che non ha i numeri per emergere e che vorrebbe apparire ma, per questa sua pena, non riesce a farlo”. Continuava il mio interlocutore, facendo rilevare che i suddetti hanno una grande preoccupazione: che qualcuno muova le acque con iniziative, con creazioni ecc. Allora, essendo avvelenati dall’invidia, temono che “anche un filo d’erba faccia loro ombra”.

Questi non hanno, fra l’altro, il coraggio di schierarsi in prima persona. Mobilitano, allora, dei “leccatori nati”, col compito di distruggere quanto si realizza a tutto vantaggio del Popolo.

Esempi? Si rifletta sugli attacchi al Centro studi “Padula”, poi Fondazione Padula; al MACA, fin dal sorgere. Un esempio, che ci ha toccato lungo l’arco di quarant’anni, è l’azione continua e costante contro “Confronto”. Preferiamo tacere.

Aveva ragione Giuseppe Giusti: “le teste di legno fan sempre rumore”, ma il Popolo fa eco: “’Nu buonu marinàru nun s’annica, / minassi, quantu vo’, lu vientu forti”, così è stato per “Confronto” e ci auguriamo che lo sia anche per il MACA e per la Fondazione.

Mi rivolgo, infine, a quanti hanno a cuore le sorti di Acri a sostenere le realizzazioni, che hanno richiesto non poche fatiche per porle in essere.

Gli occulti manovratori, che ignoriamo chi siano, dovrebbero preoccuparsi, invece di contrastare, di realizzare in aggiunta qualcosa di serio, che possa affermarsi non solo in ambito paesano ma oltre, come è stato per le realizzazioni citate. 

Una espressione che corre spesso sulla bocca di alcuni Acritani è: “Ad Acri non si fa niente”. Non è vero questo, perché ad Acri si fa: si cerca di distruggere quanto di buono e di bello si è realizzato nel tempo.

È proprio vero: le mezze calzette sono la rovina della nostra comunità.

Si avrà la bontà di capirlo? C’è da augurarselo.

Giuseppe Abbruzzo

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