Maca: a parlarne di palazzo, a ragionare

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Di recente, è apparsa una filza di articoli concernenti il museo MACA, nuovamente al centro di un fazioso dibattito su questioni, ancora oggi, mai seriamente affrontate. Difendere un bene comune è una buona pratica, ma quando ci si approccia bisogna farlo con cognizione di causa per non scadere in una immediatezza superficiale che rischia di confondere l’opinione pubblica. Riferire in merito con toni inappropriati sottrae ulteriormente quel ragionamento rendendolo poco edificante. Gli spropositi commessi nel passato hanno impedito di donare alla Città un luogo largamente condiviso quale deve essere, questo è evidente. Ricordiamo bene di come sia stato concepito in origine e di come oggi lo troviamo riqualificato in MACA. Questa denominazione colloca il museo sotto una luce diversa dalla genesi divenendo museo di arte contemporanea,  ampliandone così le sue potenzialità.Bisogna partire da questo presupposto se si vuole dare un contributo aggiuntivo alla discussione, altrimentiinvalidante ed approssimativa. Un museo di arte contemporanea deve essere un luogo non solo  destinato alla conservazione ed all’esposizione di beni di importante valore e interesse per la collettività, ma essere , allo stesso tempo, centro di produzione e trasmissione di cultura e, grazie all’affermarsi di nuove tecnologie nel campo dell’informazione e della comunicazione, anche di significati; essere spazio critico, relazionale e di confronto, laboratorio di nuove visioni in relazione, soprattutto, al rapporto con il pubblico. Nella misura in cui esercita una funzione comunicativa, il museo si qualifica, quindi, come strumento per la conoscenza e la comprensione della realtà. La sua funzione è quella di contenere un’arte adatta alle esigenze del presente, frutto di interazione tra diverse forze creative e soggetta a forme di ibridazione con mondi paralleli, avvedersi dei mutamenti costanti e contraddittori della collettività in evoluzione continua, misurarsi con il dibattito politico e il progresso culturale tenendo conto del crescente sviluppo della società di massa, diffondere nel pubblico stimoli e spunti di riflessione sull’arte contemporanea ponendola al centro dell’esperienza museale e determinandone un coinvolgimento attivo nel processo d’interpretazione dei significati del museo, sono questi gli obiettivi principali che si pone il museo di arte contemporanea. Una cattiva abitudine che ci contraddistingue risiede in quell’atteggiamento di non porsi quasi mai domande. Porsi delle domande fa parte della natura umana: il progresso di ogni civiltà è stimolato in continuazione dall’interrogarsi e dalla conseguente ricerca di risposte. Sarebbe un bene interrogarsi anche sulla scatola architettonica quale il palazzo Sanseverino-Falcone dove  manca una visione  tale da renderlo contenitore culturale a tuttotondo. In aggiunta, un palazzo dove  non si può  accedere  dal suo ingresso principale, ma solo dalle entrate secondarie concorrendo ad indebolire la sua natura architettonica nativa. Sarebbe opportuno discutere anche sull’importanza  di rendere luoghi questi spazi, tant’è che ci ritroviamo una Sala Consiliare che convive con una Sala per manifestazioni culturali e convegni dove, per ironia della sorte, la cultura volta le spalle alla politica e viceversa. E’ di attuale importanza discutere sia del palazzo, sia dell’offerta museale proprio perché il giudizio, in questo caso, assumerebbe un suo profondo valore sia in termini di crescita culturale e sia in termini di rilancio tale da risultare valorizzante e a servizio della Città nonché di essere  in grado di affermare un’auto-rappresentazione di comunità.

Michele Ferraro

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