(Non) Tutto deve tornare come prima

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Si tornerà insieme dopo l’estate, in classe, magari anche vaccinati o con il vaccino in calendario, studenti e docenti, di nuovo insieme, a lavorare secondo la programmazione del calendario scolastico. Tutto tornerà come prima? No, speriamo di no.

Quello che è accaduto e che ancora non è finito, non è finito per noi e non è finito in altre parti estese del mondo (quelle più povere soprattutto), resterà, ci ha cambiati, lo vedremo in futuro quanto. Come quanto è accaduto cambierà la scuola? Come l’ha già cambiata?

La pandemia ha messo a nudo le emozioni, i sentimenti, ha permesso ai professori di entrare nelle stanze dei loro studenti, la scuola si è fatta più intima nella distanza. Le tecnologie non hanno sostituito la presenza, hanno supplito un’assenza ma hanno fatto anche di più. Hanno portato i docenti a doversi inventare modi diversi di stare in relazione con gli studenti, hanno messo alla prova la loro immaginazione educativa. Gli artefatti tecnologici, ritenuti prima della pandemia freddi e anche estranei, sono divenuti alleati e portatori di empatia e vicinanza. Molti docenti hanno sperimentato nuovi modi di insegnare e di praticare le discipline, magari hanno rallentato il programma, hanno fatto meno di quanto avrebbero voluto (o dovuto), ma hanno cercato altre strade per incontrare e relazionarsi con quanti dall’altra parte ogni mattina dovevano dare un senso all’apprendere, all’ascolto, alla presa di parola.

Molti docenti si sono formati, anche in modo personale e autonomo, cercando tutorial su internet o facendo corsi di formazione suggeriti dalle linee ministeriali, lo hanno fatto per imparare nuove vie di insegnamento. Per la formazione nelle varie materie i docenti si sono dovuti dotare di nuovi strumenti, di tool dedicati, esercitazioni da fare a distanza, modi alternativi per spiegare che non fossero la solita lezione. Hanno chiesto agli studenti di usare le risorse della rete, i telefonini, nemici della pace della classe, sono divenuti nuovi accessi al mondo per cercare informazioni, per trovare risorse di conoscenza da condividere insieme. Poi si è parlato, si è molto parlato. Molti docenti hanno scoperto che poco conoscevano i loro studenti, si sono fatti sorprendere magari proprio da quelli rispetto ai quali avevano meno aspettative.

Il digitale nella distanza ha creato anche vicinanza, per tanti, per molti, ma non per tutti. Il digitale non è ugualitario, non è neutrale, crea diseguaglianze, crea differenze, molti studenti che erano a rischio di dispersione forse i docenti non li ritroveranno nelle aule a settembre. Sarà dura. 

Ma quante cose hanno imparato gli insegnanti, quante diverse cose hanno fatto da casa, quante ore di sonno perse con la scrivania piena di libri, di appunti, quante nuove applicazioni per la didattica hanno appreso, sono diventati studenti anche loro, autodidatti e bisognosi di nuovi strumenti di lavoro.

Quando tutto sarà alle spalle, quando si tornerà in aula, quando si tornerà all’appello in classe, al banco, all’interrogazione alla cattedra, a tutta le routine bruscamente interrotte da un evento epocale che ha portato via più persone che nell’ultima guerra mondiale, tutto tornerà come prima? No, di quella distanza bisognerà fare tesoro, di tutte le cose apprese per tenere l’attenzione, delle piattaforme divenute amiche e alleate del lavoro quotidiano, del web che si è fatto mondo familiare.  In questo anno e mezzo di spaesamento si sono apprese cose nuove, gli insegnanti si sono trovati da soli a dover reinventare una pratica che credevano consolidata e di cui si sentivano padroni. Insegnare è diventata una sfida, come sempre dovrebbe essere. Gli studenti e le studentesse hanno scoperto che i loro prof e le loro prof sono diversi/e da quello che loro ritenevano fossero, li hanno sentiti più vicini, più familiari, forse ora li capiscono di più.

Un mondo si è interrotto e quello che è subentrato ha richiesto nuove competenze che ora bisogna far rimanere vive e capaci di innovare il modo di fare scuola. No, non tutto deve tornare come prima.

Assunta Viteritti

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Una risposta

  1. Adelinda Zanfini ha detto:

    Esattamente!

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