Il cibo è parte della nostra vita

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Voglio iniziare la mia rubrica settimanale  con la celebre frase del filosofo tedesco Feuerbach: “L’UOMO E’ CIO’ CHE MANGIA”, sostenuta a partire dal 1800 è confermata dagli studi più recenti e accreditati, i quali affermano che la salute si costruisce a tavola, o meglio nelle nostre cucine, perché è proprio li che si gioca la partita, è importante scegliere metodi di cottura salutari, in modo da preservare le caratteristiche nutrizionali di ciò che mangiamo.

Per chiarire meglio questo concetto è necessario approfondire la  differenza  che c’è tra mangiare, nutrirsi e alimentarsi.

MANGIARE: è una cosa che facciamo da sempre e che dalla nascita fino alla vecchiaia condiziona fortemente la nostra qualità di vita, il nostro benessere fisico e psicologico.

Essendo un’azione naturale e materiale che si ripete giorno dopo giorno molte volte diviene un gesto che compiamo in maniera automatica, senza rendercene conto, senza prestarci attenzione. La maggior parte delle volte consumiamo i nostri pasti guardando la televisione, parlando con qualcuno, pensando a ciò che dovremo fare dopo, incuranti di ciò che stiamo mangiando, di come lo stiamo facendo e di come ci sentiamo in quel momento.

ALIMENTARSI: è l’atto del mangiare che ci consente di apportare energia al nostro organismo. Quando mangiamo, infatti, non facciamo altro che immettere “carburante” nel nostro corpo per consentirgli di svolgere tutti i processi che ci mantengono in vita.

NUTRIRSI: è un processo più complesso perché non si tratta del semplice atto di ingerire ma dell’insieme di tutti processi biologici che consentono la scomposizione dell’alimento, assimilazione dei nutrienti e utilizzo di questi stessi per garantire la sopravvivenza e l’attività del corpo. I cibi che scegliamo quotidianamente nella nostra alimentazione ci trasformano dall’interno e possono influire positivamente sulla qualità e la durata della nostra esistenza.

Il rapporto che ognuno di noi ha con il cibo è alla base delle nostre abitudini alimentari e della nostra salute . Tale rapporto è il risultato di una complessa interazione tra fattori psicologici personali (gusto ed esperienze affettive legate al cibo) e fattori socioculturali (apprendimenti dal contesto familiare e da altri contesti di appartenenza).

In sintesi possiamo dire che il nostro comportamento alimentare è dato dall’insieme della dieta (cosa e quanto mangiamo) e dei vissuti personali che abbiamo verso il cibo.

 Diverse sono le accezioni che il cibo può acquisire:

–  E’ CONVIVIALITA’:  non nutre solo il corpo ma anche le relazioni, infatti accompagna, divenendo un rito di festeggiamento, eventi importanti e momenti di relax.

I momenti in cui ci ritroviamo intorno ad un tavolo con la famiglia, con gli amici, divengono occasioni di intimità, convivialità e scambio con gli altri;

–  E’ EMOZIONE

Le emozioni, piacevoli o spiacevoli che siano, fanno parte della nostra vita e della nostra esperienza quotidiana, esse si mescolano con il cibo fino ad influenzare il nostro comportamento alimentare. Quando eravamo bambini il cibo era un’estensione di nostra madre ed era associato al calore, alla sicurezza, alle carezze, cioè all’amore.

A volte si mangia per rabbia, solitudine, noia, insoddisfazione o per placare l’ansia. In questi casi si parla di “fame emotiva”, il cibo cioè non serve solo per nutrire il corpo, ma anche per coccolare e scaldare il cuore, per distrarsi da pensieri o emozioni sgradevoli. In questa accezione potremmo considerare il cibo una sorta di rimedio “antidepressivo ed ansiolitico” perché genera un benessere immediato, ma ahimè poco duraturo.

Al di là delle abitudini e dei gusti personali, ciò che ci accomuna tutti quando mangiamo è che con questo atto gli elementi che introduciamo nel nostro corpo diventano parte di noi che influenzano profondamente i nostri pensieri, i nostri stati d’animo e i nostri comportamenti.

Ad esempio, l’assunzione di carboidrati ( pane, pasta, riso,) è in grado di indurre un senso di tranquillità e di benessere in quanto contribuisce ad elevare il livello di serotoninanel sangue, ovvero il livello della famosa “molecola della felicità”, un messaggero chimico che invia al cervello messaggi positivi di buon umore e di piacevole soddisfazione. Al contrario alcune sostanze come il saccarosio e la caffeina, specie se assunte in quantità eccessiva, possono indurre stanchezza, malumore e nervosismo.

Invece i pasti ricchi di grassi, richiamando una grossa quantità di sangue dal cervello allo stomaco e all’intestino, comportano un rallentamento dell’attività cerebrale, portando apatia  e sonnolenza;

– E’ MEDICINA

Già Ippocrate, padre della medicina nel 400 A.C. diceva Fa’ che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo”. Egli aveva già compreso l’importanza dell’alimentazione in rapporto alla nostra salute ed al nostro benessere psico-fisico.

Utilizzare il cibo come medicina vuol dire essere responsabili.

Informandosi su cosa e su quanto e come mangiare. Ignorare la funzionalità del cibo per avere una vita più sana ci conduce spesso ad un’altra cattiva abitudine. Ricorrere ai farmaci per ogni inezia. Se imparassimo a prenderci cura della nostra alimentazione avremmo molti meno fastidi momentanei che tamponiamo con sostanze che, nella maggior parti dei casi, non sono indispensabili per il nostro organismo e che rappresentano solo una soluzione momentanea. Il cibo sano è in grado di preservare la nostra salute dalla stragrande maggioranza delle malattie di questo secolo. Perché non riprenderci la nostra vita ripartendo da un’abitudine sana e quotidiana? Dopotutto la parola dieta, dal latino diaeta, vuol dire «modo di vivere», in particolar modo nei confronti dell’assunzione di cibo. Non è necessario rivoluzionare tutto lo stile di vita che abbiamo avuto finora ma iniziare a piccoli passi. Ciascuno di noi deve essere responsabile della propria salute. Nessun altro. È molto più semplice di quanto si pensi: per stare bene è sufficiente prendersi cura di sé sviluppando sane abitudini. Selezionare i cibi, fare un’attività fisica adeguata, leggere, meditare  non deve essere visto come un insieme di sacrifici e rinunce, ma come uno strumento prezioso per vivere bene e più a lungo, in armonia con il proprio corpo e con l’ambiente che ci circonda.

È fondamentale essere informati e consapevoli. È un lavoro di ricerca, di analisi, di crescita e di responsabilità.

Antonia Cassavia

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