Spagnola e Covid: analogie e differenze

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Tra questi due grandi eventi morbosi, separati temporalmente da circa un secolo, sussistono alcune analogie ma anche non poche differenze, che è bene sottolineare sia sotto il profilo più squisitamente storico (e storico della medicina) che sotto quello scientifico.

Anzitutto, sotto il profilo storiografico, colpisce che un’ondata pandemica (la spagnola, appunto) che ha sconvolto il mondo e ucciso più della Grande guerra, sia stata scarsamente citata, spesso compare come nota a piè di pagina.  Finanche l’ VIII volume degli Annali della Storia d’Italia, uscito nel 1984, che tratta delle malattie, non gli dedica molto spazio. Questa prima singolarità si potrebbe innanzitutto spiegare col fatto che la Spagnola, storicamente imponente per dimensioni e mortalità, è stata di fatto  assorbita da un altro grande evento coevo, ossia la I Guerra mondiale e la successiva intenzione dei governi di ridurre la portata dell’epidemia, sotto la spinta del desiderio della gente di ritorno alla vita. Spesso le direttive dei prefetti e del Ministero degli Interni, cui all’epoca competeva la salute pubblica e la profilassi per le malattie, ridimensionavano sulla stampa la portata  dell’evento. Sotto il profilo scientifico c’è da dire che, all’epoca della diffusione dell’epidemia, sfuggiva persino l’agente causale della malattia: si pensava fosse dovuta a un batterio, l’haemophilus influenzae. Solo negli anni  ‘30 si capì che l’agente era un virus.

Questi primi aspetti servono a darci l’idea dell’abisso che separa i due eventi di cui ci stiamo occupando. Il Covid, seppur con qualche mese di ritardo è stato identificato come epidemia prima, pandemia poi, con isolamento dell’agente etiologico e, in tempi tutto sommato brevi, l’allestimento di più vaccini. Tutto questo è sicuramente frutto dei diversi tempi e del progresso scientifico susseguente. Come per la Spagnola, però, sfugge oggi l’origine del virus, come era sfuggita ieri. Varie ipotesi ma nulla di certo sull’origine e nemmeno una commissione di esperti dell’OMS, inviata in Cina, è riuscita a dipanare la matassa. La globalizzazione, le distanze infinitamente accorciate tra le varie parti del mondo, hanno permesso al Covid di diffondersi molto più rapidamente rispetto alla Spagnola. Da un punto di vista epidemiologico e in termini più specifici di mortalità e morbilità, il Covid ha avuto, ed ha, un andamento binario: nei Paesi più progrediti la mortalità è stata contenuta e limitata prevalentemente ai soggetti più fragili ed anziani. La cosa esattamente opposta è avvenuta per la Spagnola: la fascia di età più colpita era quella più attiva e più fertile, ossia quella tra i 20 e i 40 anni, con ovvie conseguenze sia sul piano demografico che economico del vari Paesi, che venivano privati delle loro energie più attive. Nei Paesi più poveri il Covid ha sostanzialmente emulato la Spagnola (pensiamo all’America centro-meridionale, all’India, ai Paesi più poveri di Asia e Africa), con una mortalità elevata per la mancanza sostanziale di misure di profilassi e di dosi di vaccino. Nei Paesi più ricchi, la possibilità di attuare misure sociali, dal distanziamento alla preclusione di alcune attività ad elevato impatto sociale, all’utilizzo di DPI (dispositivi di protezione individuale), oltre che alla grossa disponibilità di vaccini, hanno permesso di affrontare le varie ondate successive alla prima con maggiore tranquillità, limitando i danni senza dovere ricorrere a nuove chiusure generalizzate. Tra le analogie tra i due eventi si potrebbe ancora citare la durata: circa tre anni per la Spagnola; per il Covid, entreremo tra pochi mesi nel terzo anno e nessuno degli esperti scommette su una scomparsa in tempi brevi del virus, con cui dovremo convivere ancora per un po’, in maniera più tranquilla grazie ai vaccini. Quando, fra 100 anni, si discuterà del Covid, si parlerà, probabilmente, anche, di come una fetta residuale della popolazione abbia sostanzialmente assunto un atteggiamento che tende ad emulare il Don Ferrante de “I promessi sposi”, che negava la peste, salvo poi restarne colpito. Il personaggio manzoniano testimonia che è sempre esistita una fetta “negazionista e complottista”  di popolazione, per fortuna minoritaria e scarsamente incidente.  

Massimo Conocchia

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