Futura

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Interrogare i giovani sul futuro, su quello che non vedono ancora o che non vedono più. È questa la direzione di un film documentario uscito nelle sale solo per 3 serate, il 25, 26 e 27 Ottobre. Un viaggio in più di 40 posti in Italia da nord a sud e da sud a Nord realizzato da tre registi italiani: Alice Rohrwacher, Pietro Marcello e Francesco Munzi.

Si tratta di un film documentario, un’opera collettiva in giro per l’Italia, che raccoglie le testimonianze di giovani adolescenti con l’intento di raccontare le loro aspettative, i loro sogni, le loro difficoltà e le loro prospettive per il futuro. Il film attraverso gli occhi dei ragazzi e delle ragazze ascoltati rappresenta una riflessione sul nostro Paese e sul tempo che stiamo vivendo.

I registi, in un viaggio simile a quello fatto da Pasolini e Comencini in altri film simili, interrogano gruppi di giovani tra i 15 e i 20 anni di tutte le estrazioni sociali sul loro futuro, su come lo vedono e su come si vedono.

Un ritratto sulle nuove generazioni in un paese che non pensa a loro, un paese che li tiene ai margini e che li fa sentire inadatti e impotenti. Le molte interviste a gruppi di giovani nelle periferie delle grandi città di Milano, Torino, Roma, Napoli, Palermo o in piccoli paesi del centro o nord d’Italia, sono un documento che resterà e che racconta di come la scuola non li capisca, di come la famiglia non li contenga di come la pandemia li abbia sfiancati. Innocenze e trasgressioni si confondono per rappresentare una generazione che non si riconosce nel tempo che vive. Le loro parole, pur incalzate dalle domande troppo grandi e a volte troppo dirette poste loro dai registi, pur nella loro incertezza e incompiutezza, sono sempre vere, sottili, anche quando restano in silenzio.

Centinaia di volti di ragazze e ragazze che si aspettano cose piccole e più grandi ma che avvertono un respiro corto nei loro sogni. Sono colti nella loro vita quotidiana, una scuola per cuochi, una scuola meccanica, gli studenti della scuola Diaz di Genova 20 anni dopo le mazzate violente, il disincanto colto di giovani studiosi di filosofia della Normale di Pisa, voci dalle periferie smarrite di una città del sud, una scuola di estetista, una palestra di pugilato, immigrate, straniere, lontani dai grandi che loro sentono estranei, lontani dalla politica e vicini ai social, solidali ma smarriti.

Si tratta di un ritratto tenero e feroce, silenzi e parole semplici, dialetto, italiano stentato o più raffinato, tutti sognanti e impauriti. Sono così, dietro le loro piccole spavalderie celano le incertezze e i timori, sono i figli di una contemporaneità che non li ascolta e verso la quale non provano interesse.

Si tratta di un film documento che dovrebbe essere visto in tutte le scuole per scatenare un confronto tra le generazioni, un confronto non scontato dove gli adulti non hanno ragione, un film da cui i più grandi, insegnanti e genitori, potrebberoforse  imparare molto.

Da questo racconto visivo si coglie che i giovani, gli adolescenti, non si sentono ascoltati, cercano i pari per restare vicini, anche durante la pandemia.

Chissà, chissà domani
Su che cosa metteremo le mani
Se si potrà contare ancora le onde del mare
E alzare la testa

Qui tutto il mondo sembra fatto di vetro
E sta cadendo a pezzi come un vecchio presepio

Così cantava Lucio Dalla nel 1980, cantava il desiderio e la paura, la speranza di una giovane coppia che nel fare l’amore immagina di avere un figlio, una figlia anzi…

E se è una femmina si chiamerà
Futura

Futura è il titolo del film, giovani generazioni interrogati davanti al loro domani, spero molti lo vedranno per ascoltare e riflettere con loro.

Assunta Viteritti

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