Gli anziani di oggi: facciamo il punto

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L’Italia è un paese vecchio. Lo dicono tutti i giornali. Il numero di persone di età pari o superiore ai 65 anni rispetto alla popolazione totale, in Italia ricopre il 22%. La presenza di giovani under 30 (tra i 15 e i 29 anni) è invece del 15%.
Quando ci si può considerare vecchi? E da quale prospettiva, punto di vista? L’aspettativa di vita della popolazione mondiale nel 2008 era stimata a 68 anni, con una variabilità dai 57 anni per i Paesi a basso reddito (53 anni in Africa), sino agli 80 anni dei Paesi ad alto reddito (WHO, 2020).
Questo condiziona anche l’immagine sociale della persona anziana, che vede nei Paesi industrializzati alzarsi sempre più l’asticella, considerando la piena produttività di molte persone over 60. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce i 65 anni come età di passaggio alla condizione di “anziano”, mentre le Nazioni Unite (United Nation, UN) si collocano sui 60 anni, considerando aree geografiche svantaggiate per bassa aspettativa di vita alla nascita.
Entro il 2050 l’OMS stima che circa una persona su sei avrà più di 65 anni (16%). Nel 2018, il numero di soggetti definiti anziani (over 65), per la prima volta nella storia, ha superato il numero di bambini di età inferiore ai 5 anni. Nel 2050, l’80% della popolazione mondiale vivrà nei Paesi a basso-medio reddito, considerando come il ritmo di invecchiamento della popolazione sia a oggi più incalzante che in passato.
L’Italia sta invecchiando. Non si fanno più figli e la vita si è allungata.
L’ISTAT, nel 2019, registrava 13,8 milioni di over 65, considerando che negli anni sessanta si assestavano su soli 4,6 milioni (9,3%). Anche l’ISTAT conviene che l’invecchiamento sia rappresentato dalla quota percentuale di soggetti over 65, ma dal momento che si tratta di persone ancora in piena attività, la soglia di ingresso nella cosiddetta terza età tende progressivamente a spostarsi in avanti.
Quanti anziani ci sono in Italia oggi? A inizio 2022, i residenti con 65 anni e più – convenzionalmente definiti “anziani” – sono oltre 14 milioni circa 3 milioni in più rispetto a venti anni fa. Nel 2042 saranno quasi 19 milioni.
L’allarme era già stato lanciato in ottobre sul Sole 24 Ore dal presidente dell’Istat, Giancarlo Blangiardo, che era stato chiaro: «Con il passare del tempo la popolazione perde la sua fisionomia iniziale: stante l’aspettativa di vita alla nascita di circa 80 anni, 400 mila nascite all’anno (quest’anno scenderemo sotto questa soglia, ndr) sono compatibili con una popolazione che nel lungo periodo si ferma a poco più di 30 milioni, non di 59 come è adesso».
Gli anziani di un piccolo comune italiano
L’età è un concetto ampio, che può essere categorizzato in termini cronologici, biologici, nonché psicologici, ovvero basati su come le persone agiscono e si sentono. Per esempio, un ottantenne che lavora, fa progetti, si concentra sul futuro e partecipa a molte attività è considerato psicologicamente giovane.
L’invecchiamento rappresenta dunque sia una sfida sia un’opportunità, aumentando la richiesta di cure primarie e a lungo termine, richiedendo inoltre di intensificare su scala globale le strategie di formazione del personale dedicato.
Quattro persone su dieci considerano la vecchiaia un concetto attribuibile al soggetto over 80. Ritenere “vecchio” un 65enne a oggi risulta anacronistico, in quanto ricalca una condizione di benessere comparabile a un 55enne di una quarantina di anni fa.
Uno studio condotto dall’Università di Göteborg ha messo in luce come un 70enne di oggi sia cognitivamente più performante di un coetaneo di 30 anni fa, probabilmente perché la vecchiaia in epoca attuale consente di fruire di maggiori opportunità, stimoli, cultura e attività del passato.
Spostandomi sul piccolo comune in cui vivo, anche la popolazione residente ad Acri risente di questo andamento generale. Gli over 65 superano il 25% della popolazione, mentre i bambini sotto i 14 anni sono appena il 12%.
I giovani, quindi gli under 30, sono appena il 15%. Insomma, le persone dagli 0 ai 30 anni, anche nel mio paese, sono quasi pari al totale degli anziani tra i 65 e i 100 anni. I giovani di oggi sono arrabbiati con la generazione dei loro genitori, i cosiddetti boomer, perché ai loro tempi il futuro era più roseo. Gli adulti di oggi, quando avevano 20, 25, 30 anni, sapevano che sarebbero riusciti a trovare una loro strada.
I ragazzi di oggi sono scoraggiati e scappano all’estero. E’ una tragedia. L’Italia rimane così un Paese economicamente debole, con la maggior parte della popolazione che prende la pensione e il resto che fugge all’estero. I giovani non si sentono rappresentati oggi, si scontrano con un mondo del lavoro carente e con delle ideologie che sopravvivono dagli anni ‘80.
I giovani provano rabbia, protestano, cercano un modo per costruirsi un futuro, schiacciati sempre di più dalla generazione più adulta della loro. Alcuni di loro mi hanno detto: “Noi abbiamo internet, i social network, loro invece hanno carta, penna, coraggio e determinazione, quella che forse a noi spesso oggi manca”.
E poi ci sono i casi limite che superano ogni buon senso.
Mi arrabbio quando vedo in strada che i giovani prendono in giro gli anziani. Mi è capitato di osservare una scena in cui due ragazzi camminavano e superavano, deridendola, una signora anziana con il bastone e con problemi nella deambulazione. Un’altra volta ho visto un gruppetto di ragazzi che dopo essere stati rimproverati da una signora alla fermata del pullman a cui dava fastidio il fumo, glielo gettavano addosso di proposito. I ragazzi, forse per fare i bulli, per farsi vedere, per sembrare simpatici agli occhi dei coetanei, fanno cose orribili.
Ma non è sempre così. Ci sono anche tanti ragazzi che fanno volontariato, per aiutare il prossimo e anche gli anziani.
Da tutti si impara e da tutti si può apprendere qualcosa di nuovo, ci vuole però sempre rispetto l’uno dell’altro. Bisogna mantenere massimo rispetto per persone che hanno un passato più difficile e che hanno vissuto esperienze differenti in un contesto sicuramente meno agevolato rispetto al giorno d’oggi. Bisogna rispettare il futuro dei nostri ragazzi, perché loro sono il futuro.
Spero che nei prossimi anni l’Italia si rinfreschi, torni a essere un Paese per giovani, ricco di speranze e opportunità.

Elena Ricci

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