Intelligenza artificiale

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Tante le incertezze che riguardano gli effetti dell’Intelligenza artificiale (AI) sulle nuove generazioni. L’AI ha grandi aspettative ma anche grandi timori, ma certamente cambierà l’educazione.

Se parliamo con troppi timori dell’Intelligenza artificiale in educazione il rischio maggiore è non fare nulla. Il sistema educativo è in molti casi obsoleto e con l’AI l’obsolescenza rischia di accelerare.

Se non cambia il sistema educativo gli studenti non saranno in grado di trovare facilmente lavoro (e questo vale per qualunque percorso liceale o professionale che sia). Il rischio è che le competenze per gestire l’AI la impareranno solo fuori dalla scuola (e questo sarà un secondo fallimento della scuola).

Molte delle cose che si imparano a scuola saranno presto fatte dall’Intelligenza artificiale, questo non vuol dire che la scuola non serve più la scuola, ma la scuola deve poter cambiare.  Usare l’AI non è copiare, è molto di più. Le scuole devono cambiare e porsi domande del tipo: Come si può imparare con l’AI? Come si può scrivere con l’AI? Come si può imparare a come programmare l’AI?

La scuola è importantissima, tutti devono imparare a leggere, scrivere, a ragionare, ad usare il pensiero pratico e il pensiero critico, la matematica di base e le competenze digitali, la storia nazionale ma soprattutto quella europea e mondiale. Bisogna però trovare il modo di mettere al centro dell’educazione la tecnologia perché di questa è fatto il mondo.

In Italia abbiamo un approccio peculiare verso lo studio. Amiamo le tradizioni culturali, l’arte, la storia, la, letteratura, lingue la filosofia, il latino e il greco. Come si possono coniugare le due facce (soprattutto se gli studenti provengono da famiglie a basso reddito e possono contare solo nell’istruzione pubblica)? La scuola è un’istituzione che dovrebbe creare uguaglianza delle opportunità, come lo farà per formare anche le competenze tecnologiche del futuro?

Certo dobbiamo essere consapevoli dei rischi, l’AI sta accelerando velocemente ma gli educatori non dovrebbero guardare all’AI (come ChatGpt) come a cose “cattive” e da evitare. Escludere i giovani a scuola da questa parte di mondo non è una buona idea. Bisogna insegnare agli studenti a programmare per gestire domani (anzi oggi) l’intelligenza artificiale. La programmazione però non è da intendere come una materia informatica, dovrebbe essere concepita anche come una materia umanista e dobbiamo sempre ricordare che l’intelligenza delle macchine dipende sempre dagli umani. La robotica educativa è già presente in molte scuole (dall’infanzia alle superiori), di più nelle scuole del nord e del centro e meno nel sud.  Si tratta di fenomeni non reversibili e la scuola è chiamata “a stare sul pezzo”.

Assunta Viteritti

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