La vicenda del Ministro della Cultura tra gossip e commistione pubblico-privato
Le recenti vicende che hanno alimentato il gossip di questa instabile fine estate permettono di distinguere due sfere, una privata, che merita rispetto e silenzio, e una pubblica, su cui, invece, qualcosa da eccepire ci sarebbe.
Sul piano privato riteniamo che l’ex ministro Sangiuliano abbia diritto a riservatezza della propria vita privata e che la morbosità con cui i più hanno seguito su instagram le vicende di colei che ha scatenato il putiferio, sia assolutamente da condannare. Ognuno gestisce la sua vita privata come crede, dovendone dar conto esclusivamente a chi di quella vita privata fa parte.
Sul piano pubblico, invece, la vicenda assume contorni poco chiari, nonostante i tentativi maldestri di affidare a una pubblica gogna la vicenda.
Ciò che a noi interessa, come cittadini, è il sospetto di commistione tra pubblico e privato e il fatto, da chiarire, se sia stato affidato un incarico ministeriale alla sig.ra Boccia (poi non formalizzato) e, dunque, l’interesse privato nel garantire a persona con cui – stando alle dichiarazioni del ministro – si è intrattenuta una relazione, l’accesso al ministero e a riunioni istituzionali.
Tutto questo, al di là del fatto se siano stati o non siano stati spesi soldi pubblici per viaggi e sistemazioni varie. Il fatto stesso di cercare di affidare un incarico con queste premesse – se risultasse accertato – configurerebbe un gigantesco conflitto di interesse, che in nessun altro Paese civile avrebbe consentito al Ministro della cultura di restare al suo posto.
La questione è proprio questa: se quanto dichiarato da una delle parti risultasse vero, la logica conseguenza non potevano che essere le dimissioni immediate del ministro. E, a proposito dell’intervista-confessione fatta al TG1, in una rete “amica” in prima serata, se sul piano umano ci porta a un atteggiamento di comprensione per l’uomo, su quello strettamente istituzionale, non possiamo non eccepirne l’assoluta mancanza di qualsiasi rispetto delle più basilari regole democratiche. Un ministro della repubblica, di fronte a eventi di questa portata, avrebbe dovuto riferire in Parlamento, sottoponendosi anche a un contraddittorio e non a un monologo in tv.
Le scuse alla moglie e persino quella alla premier avrebbero dovuto far parte della sfera privata per l’incrinarsi di un rapporto fiduciario. Pensare di uscire dall’imbarazzo enorme che la vicenda ha creato attraverso un processo di pubblica umiliazione del ministro è stato un rimedio che è apparso ai più decisamente peggiore del male.
La nostra idea di un Paese “normale” compendia, in primis il rispetto per la sfera privata della vicenda, in secundis il rispetto di passaggi istituzionali ineludibili. In terzo luogo, ci sia consentito, per un doveroso atto: bene le dimissioni, arrivate forse con ritardo e dopo tentennamenti che non avevano ragione di esistere di fronte ad una situazione che, lo ribadiamo, va aldilà della sfera privata e investe la posizione pubblica che Sangiuliano rivestiva.
I pesanti sospetti di commistione tra pubblico e privato, in un paese normale, avrebbero imposto immediatamente quella decisione, specie di fronte alla slavina che quotidianamente continuava a produrre particolari imbarazzanti e di fronte ai quali, il capo del governo avrebbe forse dovuto avere un atteggiamento più chiaro e deciso.
Massimo Conocchia