Giuseppe Bonaparte, Gioacchino Murat e la scuola pubblica

La nota che tracciamo interessa quanti si occupano di istituzioni scolastiche.

Va detto che non erano i governanti a non volere che il popolo si istruisse, ma i notabili locali, che detenevano le leve delle amministrazioni locali.

Giuseppe Bonaparte occupò il regno di Napoli, entrando nella capitale il15 febbraio 1806.

Il 15 agosto emanò il decreto n. 2, col quale si prescriveva che ogni Università (Comune) dovesse “mantenere un maestro e una maestra per l’insegnamento primario”. Nell’art. 1 si legge: “Tutte le città, terre, ville ed ogni altro luogo abitato di questo regno, saranno obbligate a mantenere un maestro per insegnare i primi rudimenti, e la dottrina cristiana a’ fanciulli: saranno inoltre tenute a stabilire una maestra per fare apprendere, insieme colle necessarie arti donnesche, il leggere, scrivere e la numerica alle fanciulle”.

Le somme, per pagare i maestri, si dovevano prevedere da “ogni università”.

Nell’art. 3 si legge: “Ne’ luoghi che contengono popolazione minore di 3000 abitanti sarà permesso a’ maestri di serbare il metodo ordinario antico. Ne’ luoghi poi, ove la popolazione sarà maggiore, i maestri dovranno insegnare col metodo normale”.

Il 15 settembre 1810 Gioacchino Murat emanò il decreto “per lo stabilimento delle scuole primarie in tutte le Comuni del Regno”, dove si ribadisce la necessità di aprire le scuole primarie nei Comuni.

Nell’art. 2. Si legge: “Ne’ comuni di terza classe gl’istitutori di queste scuole saranno gli stessi parochi. Essi insegneranno a leggere ed a scrivere, le prime operazioni dell’aritmetica ed il catechismo di religione e di morale. Potrà però il nostro Ministro dell’Interno disporre che sieno suppliti da altre persone idonee, quando per legittimo impedimento, o per altre circostanze non potessero adempir bene a questa incombenza.

In tutti gli altri Comuni sarà data agli alunni la medesima istruzione, una col metodo normale, da istitutori che saranno nominati dallo stesso nostro Ministro.

3. I locali per le scuole primarie saranno sempre forniti da’ Comuni stessi.

4. I salarii degl’istitutori saranno anche somministrati da’ Comuni. Quello degl’istitutori de’ Comuni di terza classe sarà di ducati sei; e quello degli altri istitutori che dovranno seguire il metodo normale, di ducali dieci mensuali”.

Nei detti Comuni ogni alunno doveva pagare “la retribuzione di un carlino al mese: ne’ Comuni delle altre classi questa retribuzione sarà accresciuta di una quinta parte che sarà destinata a’ salarii degl’istitutori giubilati”. I decurioni (consiglieri comunali) potevano concederne l’esenzione “a quelli che non saranno in istato di pagarla. Questa esenzione però non potrà eccedere il quinto degli alunni ricevuti ne’ Comuni di terza classe, ed il terzo in quelli delle altre due classi”.

Le somme raccolte andavano “in parte a beneficio del Comune, ed in parte sarà aggiunto al salario degl’istitutori; di modo che vada totalmente a profitto del Comune quando il numero degli alunni a pagamento non oltrepassi i trenta, e sia dato agli’institutori il risultato delle retribuzioni di tutti gli altri alunni che saranno ammessi oltre questo numero”.

Gli artt. 8 precisano: “Sarà detratto un quinto da quest’ultimo prodotto che costituirà un fondo di gratificazione da distribuirsi agli’istitutori che pel di loro zelo e pel profitto che avranno mostrato gli alunni loro, ne saranno creduti meritevoli.

9. I padri, le madri, i tutori o curatori saranno obbligati ad inviare i loro figli o pupilli alle scuole primarie, dichiarandone i nomi alle municipalità rispettive. Gl’istitutori ne conserveranno registro, indicando il giorno nel quale ciascun fanciullo avrà cominciato ad assistere alla scuola, l’assiduità loro ed il profitto che faranno”.

Gli alunni potevano accedere a dette scuole “prima dell’età di cinque anni compiti; e ne saranno congedati quando sarà stato conosciuto il loro profitto e stato d’istruzione. A quest’effetto saranno fatti in ogni anno de’ pubblici esami da’ censori e procensori che si nomineranno da Noi, e le di cui attribuzioni verranno determinate con un decreto particolare”.

La vigilanza delle scuole era demandata ai Comuni.

Cosa fecero gli Amministratori? Nulla!

Giuseppe Abbruzzo

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