Egitto e cosmesi: gli inventori del make-up
Gli antichi Egizi possono essere considerati gli inventori della cosmesi, infatti, la praticavano abitualmente attendendosi a regole e ricette precise.
L’arte del truccare la propria pelle però non aveva solo scopi estetici ma anche curativi e magico/religiosi. Ad esempio, il trucco sugli occhi serviva a ripararli dal sole e dalla polvere e, nello stesso tempo, il tratto allungato era simbolicamente un omaggio al dio falco Horo ed al suo amuleto “udijat” o “occhio risanato”.
I primi detentori della cosmesi furono i sacerdoti che, nei templi, preparavano prodotti farmaceutici e utili al make-up.
I trucchi erano talmente importanti da essere ritenuti beni di prima necessità e , per questo motivo, venivano ricevuti insieme alle razioni alimentari e fu grazie alla distribuzione di unguenti che Rames III pose fine alla rivolta degli operai della necropoli di Tebe.
L’igiene era fondamentale per tutte le classi sociali, i poveri si lavavano più volte al giorno nelle acque del Nilo strofinandosi con argilla ed i ricchi nei loro bagni privati, utilizzando natron( sale di Sodio), oli vegetali e polvere di calcite. I capelli erano preferibilmente corti per evitare i parassiti. A causa del caldo era di routine anche il deodorante realizzato con scorza di carruba macinata, o sotto forma di palline di avena profumata d’ incenso da mettere nel cavo del braccio.
Per le donne era importante la depilazione ma anche per i sacerdoti poiché un corpo rasato era da ritenersi puro.
Solo i sovrani lasciavano crescere la barba ma l’uso di parrucche e posticci per capelli era molto frequente. Alcuni documenti narrano di coni di unguento profumati che si ponevano sul capo per farli sciogliere e rilasciare un gradevole profumo, questo segreto di cosmesi simboleggiava anche la rinascita rafforzata da una forte carica erotica grazie al profumo considerato fluido degli Dei.
Anche gli uomini si truccavano ma esclusive femminili erano il fard ed il rossetto realizzato con ocra rossa, linfa di sicomoro e grassi vegetali. I corpi non venivano nascosti ma spesso valorizzati mediante l’utilizzo di una polvere d’oro, alcune vesti di lino bianco vennero introdotte soprattutto nel Nuovo regno, tuttavia erano utilizzati tantissimi gioielli e lo” jadet” un abito composto solo da perline colorate.
Tutta questa cura per il proprio corpo veniva osservata allo specchio che era un disco di rame, bronzo o argento levigato con un manico, la sua capacità di riflettete le immagini era simbolo di rigenerazione e per questo chiamato ANKH che significa vita.
Le ricette che seguono sono tratte dai papiri Hearst ed Ebers.
Ceretta: ossicini di uccelli tritati e bolliti, sterco di Mosca, succo di sicomoro, gomma e cetriolo, scaldare e applicare.
Per l’alito: olibano secco, pinoli, resina di terebinto, radica odorosa, scorza di cinnamomo, melone, canna di Fenicia. Macinare e formare palline con il miele.
Contro le rughe: franchincenso, c’era olio di moringa fresco, calmo commestibile. Pestarli e applicare sul viso tutti i giorni.
Sarebbe interessante provarle se non fosse per la difficile reperibilità degli ingredienti.
Gaia Bafaro