Un incredibile numero di reliquie sacre

Vi sembrerà incredibile quanto trascriviamo, ma, senza alcun commento, lo rileviamo pari pari da scritti di Vincenzo Padula.

Gli abitanti dei paesi citati ne sapranno certamente qualcosa e sarebbe interessante che qualcuno confermasse quanto si riporta.

Si tratta di reliquie sacre.

“In Saracena nella chiesa di S. Leone esiste il mento di S. Giovanni Battista, un brano della veste di Cristo, ossa di S. Pietro e Paolo, Andrea, Bartolomeo, Giorgio, Cornelio, Cipriano, Teodoro, un dito di S. Stefano, un dente di S. Biagio, una costa di S. Lucia, un vasettino con parte dell’unguento onde S. Maddalena unse Cristo”.

Vi sono ancora custodite tutte le reliquie elencate? Quale autenticità hanno? Chi le portò nel suddetto paese?

Siamo tentati di formulare un’infinità di altri interrogativi. Non esprimiamo, però, alcun pensiero personale, lasciamo agli abitanti di Saracena e ai Credenti di dire la loro.

Interpretiamo quanto si riporta, per il paese seguente:

“In Acquaformosa nel cenobio dei cistercensi abbiamo reliquie della veste di Cristo, di mari… dei papi Sisto, Gregorio o Silvestro, degli ap[ostoli] Tomaso, Giacomo, Simone. Giuda, Filippo, dei Santi Fabiano, Fantino, Senatore, Luciano, Crisante e Daria, Paolina, Anna, Felicissimo, Agapito, Teodoro, Primo e Feliciano, dei quattro Coronati, Bibiano, Mario, Marta, Vitola, Margarita, Caromanico, Biagio, Saturnino, Barbara, Nereo, Achillea Pancrazio, Menna, Giorgio, Crescenzio”.

Chi fornì le notizie al Padula? Le rilevò di persona? Sono interrogativi destinati a rimanere privi di risposta.

Desta meraviglia la gran mole di reliquie elencate.

Un altro elenco riguarda Cosenza: “Un braccio di S. Martino, un braccio di S. Ippolito, un braccio dell’abate Bernardo, una gamba di S. Girolamo, reliquia della croce di Cristo e della croce di S. Andrea – un pollice di Rodos, che fu uno dei 72 apostoli – un pezzo della veste di Maria SS, la manna di S. Giov. Evangelista, un pezzo del bastone di S. Paolo ….”. E, l’elenco continua.

Intanto speriamo in qualcuno degli abitanti dei due paesi suddetti di darci chiarimenti.

Veniamo ad Acri. Come resi noto nel 1970, vi era il monastero cistercense della SS. Trinità de Ligno Crucis, da non confondersi, come mi fa dire una “studiosa”, che, probabilmente non ha compreso bene il mio scritto e sostiene che il convento si intitolava S. Maria de Ligno Crucis, posteriore al primo e che viene costruito dagli stessi cistercensi in agro di Corigliano.

Al di là di tutto, per l’assunto di queste note, va precisato che, nella bolla di edificazione del monastero della SS. Trinità de Ligno Crucis, si evidenzia che il nome è dovuto “a frustulo ligna crucis” (da un frammento della croce di Cristo).

Vi è un’altra reliquia, della quale vanamente abbiamo denunciato le condizioni miserande in cui è tenuto il corpo di San Severino.

Al di là di tutto, però, va ripetuto quello che qualcuno ha fatto rilevare: con i frammenti della croce di Cristo se ne potrebbero ricavare più croci, così di altre reliquie.

Ne abbiamo scritto, comunque, perché sarebbe interessante una ricognizione di tutte le reliquie, che si conservano o si conservavano in numero non minimo nelle chiese di Calabria.

Giuseppe Abbruzzo

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