C’era una volta l’egemonia culturale della Sinistra

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Nel secolo scorso la Sinistra, in Italia e più in generale in Europa, è stata capace di esercitare una notevole influenza, non tanto sul piano politico quanto su quello culturale. I luoghi di espressione di questa egemonia erano le università, i media, la  letteratura, il cinema, l’arte e il pensiero filosofico. Il concetto di egemonia culturale deriva da Antonio Gramsci che, nei “Quaderni del carcere” , ha sostenuto la necessità per una classe dirigente, per potere arrivare a un dominio completo della società, di controllare le istituzioni politiche, economiche, ma anche la produzione culturale e simbolica. Nel corso di tutto il Novecento, la Sinistra ha saputo interpretare e plasmare le grandi trasformazioni della modernità, esercitando un’influenza che ha spesso travalicato i confini dei partiti e dei movimenti, fino a diventare senso comune.

Durante tutto il Novecento, la Sinistra ha saputo attrarre a sè buona parte delle élite intellettuali europee. Filosofi come Jean Paul Sartre, Michel Foucault, Theodor Adorno, Herbert Marcuse e Pier Paolo Pasolini ha fornito strumenti critici per interpretare la realtà in chiave emancipatrice. L’idea di progresso, di liberazione dei vincoli della tradizione e di lotta contro ogni forma di oppressione, ha fatto da collante per generazioni di pensatori, artisti e scrittori.

Il legame tra Sinistra e cultura si è consolidato soprattutto nei periodi di crisi come nel dopoguerra o durante il ’68. Progressivamente, verso l’ultimo ventennio del Novecento il legame tra intellettuali e Sinistra si è affievolito, man mano che venivamo meno le ragioni di quel legame e la Sinistra abbandonava il suo terreno privilegiato per divenire gradualmente prima una socialdemocrazia poi un partito di Centro-Sinistra (Il Pd), nel quale la componente progressista è stata ammortizzata e snaturata gradualmente da quella per così dire moderata. La Sinistra non ha perso solo gli intellettuali ma anche la parte più solida del suo elettorato, operai, ceto medio, che non si sono visti più rappresentati.

Se la Sinistra è rimasta gradualmente priva della sua componente intellettuale, la Destra non la ha mai avuta e a tutt’oggi faremmo fatica a identificare grossi intellettuali, in Italia, che possono identificarsi in quell’area. Per non parlare degli esponenti di spicco di quella classe politica. Un velo pietoso stenderemmo sui ministri della cultura espressi in questi tre anni. Né un eloquio criptico e sostanzialmente incomprensibile e inconcludente può servire a mascherare un vuoto di contenuti.

Si potrebbe concludere che gli intellettuali siano spariti. Molto più semplicemente a noi pare che, coerentemente con buona parte della base militante di Sinistra, gli intellettuali, disillusi e stanchi, non si identifichino più in una compagine che fa fatica a trovare una direttrice, a esprimere posizioni chiare e univoche da portare avanti. E’ un peccato perché da quegli intellettuali provenivano istanze e idee che la politica fagocitava, assimilava e portava avanti. L’incertezza odierna è figlia della mancanza di una visuale e di un progetto sul futuro che può venire solo da chi ha gli strumenti per guardare avanti e vedere il domani, o per lo meno immaginarlo.

Massimo Conocchia

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