Il segreto di Mitridate

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Un tempo si studiava nelle scuole di un personaggio, che aveva del fantastico: Mitridate, re del Ponto, che, si diceva, assumesse ogni giorno una determinata dose di veleno, per evitare, – come era uso in quei tempi e in quelli successivi -, che qualcuno gliene avesse somministrato nei pasti.

Non era raro che i figli, i fratelli, le mogli, pur di salire al trono non mettessero in atto il turpe gesto, nel caso di regnanti.

Plinio, nel libro XXIII della Storia naturale, tramanda che il romano Pompeo Magno, avendo vinto Mitridate, trovò nel suo archivio, scritta di suo pugno la composizione di un antidoto contro il veleno o almeno era quello che credeva.

All’epoca si aveva interesse, per quanto su riportato, di conoscere come quel re si proteggesse dagli avvelenatori; ai tempi nostri si ha la curiosità di conoscere la prodigiosa ricetta rinvenuta.

Plinio, ce la tramanda così, come Pompeo Magno ebbe modo di visionarla:

“due noci secche, due fichi secchi e venti foglie di ruta, Tutte queste cose si pestano insieme a un granello di sale”. Precisa il citato autore: “nessun veleno può nuocere in quel giorno a chi a digiuno piglierà questo preparato”.

Sarà vero? Non l’abbiamo provat. Chi vuole lo faccia a suo rischio e pericolo.

I vincitori di Mitridate, famoso per quanto riportato a proposito di veleno e antidoto, cercavano di carpire il segreto di quel re. Ognuno di questi, infatti, temeva di restare vittima degli intrighi di corte.

Mitridate, d’altra parte, aveva ragione da vendere, se si pensa che, perfino, il figlio lo insidiava, per far suo il trono!

La cosa che viene da chiedere, ancora una volta: – Ma, quella ricetta, così semplice, poteva avere realmente quel potere, che i notabili cercavano per immunizzarsi? O era un depistaggio messo in atto dal furbo Mitridate? -.

A noi essa sembra più una delle tante ricette della medicina popolare, dato che non ha nulla di antidoto al veleno.

Ognuno mediti e si dia una risposta.

Altri antichi autori riportano la notizia che alla base dell’antidoto di Mitridate vi fosse il sangue dell’anatra del Ponto. Se ne giustificava la veridicità col sostenere che quelle anatre si nutrissero di tutte le erbe velenose che crescevano in quei luoghi. Il sangue anzidetto, perciò, avesse il potere di respingere i veleni.

La credenza sull’antidoto di Mitridate, forse si alimenta dal fatto che egli non morì per veleno.

Va detto che quel re, concepì il disegno di varcare la Tracia e la Mesopotamia e attaccare l’Italia.

A mandare a monte il concepito disegno fu proprio il figlio Farnace, che attrasse l’esercito dalla sua parte e detronizzò il padre.

Mitridate, pur di non cadere in mano dei Romani si tolse la vita nel 63 a. C. Aveva 69 anni.

Secondo altri ordinò a uno dei suoi ufficiali di togliergli la vita.

Il nemico l’aveva in casa. Quel re, che aveva cercato di sfuggire al veleno, finì per tradimento dell’avido figlio.

Quello riportato è uno dei tanti esempi che sconfessano l’affermazione che la storia sia maestra di vita.

Giuseppe Abbruzzo

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