L’amore è cieco ……forse

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Tardo pomeriggio autunnale a Malpensa, ci sediamo stanchi e annoiati nell’attesa che esca il numero del gate per il nostro volo, assorti in mille pensieri e ormai rassegnati al consueto ritardo. Mancava mezz’ora alla partenza programmata e ancora nessuna traccia del gate di partenza. Mentre fantasticavamo sul da farsi, sull’ora di arrivo, sulla cena ormai sfumata, ci cadde lo sguardo su una coppia seduta nella panchina di fronte a noi. Lui, un cinquantino che mostrava ampiamente la sua età, sovrappeso, barba incolta, parzialmente calvo e con occhiali molto spessi. Lei sui 30, decisamente carina, capelli lisci, lunghi, magra, fisico ben delineato, mani delicate, occhiali scuri che impedivano di vedere gli occhi. Si accarezzavano, lei gli toccava con i polpastrelli il viso, le labbra. Era curioso vedere come si scambiassero effusioni e come la vistosa differenza di età e tant’altro sembravano non avere alcun valore. Capimmo dopo poco che lei era non vedente, e lui con qualche serio problema visivo. A un tratto, mentre  eravamo intenti alla lettura annoiata di un libro appena comprato a La Feltrinelli, ci capitò ancora di osservare la coppia. Lui, a un certo punto, si allontana dopo averla rassicurata. In quei minuti in cui era da sola sembrava agitata e impaziente. Era come se le mancasse, in quei momenti, uno strato di pelle, in evidente stato di agitazione. Dopo poco lui ritorna e la donna si rasserena. Giù abbracci, effusioni, esplosioni di gioia. Osservando quelle scene appariva evidente quanto uno dei sensi più importanti nella nostra vita, in quel caso specifico, non solo non aveva valore ma aveva permesso alla donna di esplorare tante altre qualità in quell’uomo maturo, che, probabilmente la visione e il senso estetico avrebbero messo in secondo piano. Proviamo a pensare a quanto la vista e la forma contino nella nostra quotidianità assai più dei contenuti e come , a volte, ci limitino, “accecandoci”, impedendoci di vedere nell’altro ciò che è nel profondo. Quella menomazione aveva permesso a lei di apprezzare l’uomo al di là del suo aspetto e a lui di rapportarsi con l’amata senza la zavorra e l’imbarazzo di una “vistosa” differenza fisica. Mentre osservavamo la donna non potemmo fare a meno di pensare a come quella coppia si amasse nonostante tutto e a come avessero – soprattutto lei – affinato un serie di sistemi alternativi alla vista per comunicare, per percepirsi, per trasmettersi sentimenti, amore. La cecità aveva permesso loro di amarsi per quello che erano in grado di darsi. Abbiamo sempre pensato che Eros agisse sugli umani stuzzicando tutti i sensi, in primis lo sguardo, che ci permette di identificare un volto, l’olfatto, che  ci rimanda a un profumo, una voce, una canzone. Spesso Eros viene identificato erroneamente con la passione e quando ciò accade l’amore è destinato a scemare man mano che cala il desiderio fisico. Osservare quella coppia, vedere il modo in cui lei lo cercava con tutti gli altri sensi a sua disposizione, ci ha fatto riconsiderare le nostre convinzioni. Eros è destinato a durare a lungo se, oltre alla passione, al piacere fisico, impariamo a “vedere” l’altro attraverso tutti gli altri sensi. L’unione di quelle due solitudini aveva permesso a entrambi di fondersi. Il momento del riabbraccio tra quei due amanti è stato straordinario; lei lo annusava, abbracciava, stringeva come se non lo vedesse da tanto. Ci convincemmo sempre più che tra i vari strumenti dell’amore, la vista è decisamente quella meno importante. L’amore, in fondo, recitava una canzone degli anni ’70, “non è nel cuore, ma è riconoscersi dall’odore” (E. Finardi “Non è nel cuore” dall’album Diesel (1977)).

Massimo Conocchia

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