Quando il privilegio diventa sfregio e tratto distintivo

In questa torrida metà luglio, un video postato da Luca Zingaretti ha suscitato un’ondata di proteste sui social. L’attore era a Fiumicino e, dopo avere assistito incredulo a una scena orripilante, ha lanciato la provocazione via video.

Come succede quando si lancia una pietra in uno stagno, la notizia è stata oggetto di commenti sdegnosi dei più. Il fatto si riferisce alla moglie di un ministro, che, dovendo partire con i figli per le vacanze, ha pensato bene di saltare la fila, protetta e accompagnata dalla scorta. Il ministro, presente, pare fosse impegnato al telefono e dirà, poi, di non essersi accorto di nulla. Pare che le cose avvengano spesso all’insaputa degli interessati in certi ambienti!

Il messaggio di Zingaretti era accompagnato da una domanda: “ma non vi vergognate?”.  Ne scriviamo non tanto per il fatto in sé ma per sottolineare la tutto sommato tenute reazione popolare. In altri tempi – penso al 1992 – la gente sarebbe andata sotto Montecitorio a protestare.

Oggi notizie di questo tipo vengano accolte con  tiepido sdegno da qualcuno, con indifferenza dai più, ormai rassegnati e disillusi. Tuttavia, nell’episodio descritto è facile cogliere un pericolo e non lieve: la constatazione dei privilegi, cui la politica pare ancora e più che mai arroccata, rischia di aumentare la quota già impressionante di coloro che non partecipano e non votano.

Se la politica è questa – sembra essere il ragionamento – tanto vale starsene a casa. La pezza, oltretutto, che il ministro ha cercato di mettere è sembrata peggiore del buco: non si è scusato e ha addossato la responsabilità alla scorta, unica a decide cosa sia meglio fare per la sicurezza. Ora, il contesto di per sé era palesemente non legato a viaggi di natura istituzionale ma un semplice viaggio privato per vacanza. Sarebbe bastato scusarsi e forse la cosa si sarebbe sgonfiata.

Le scuse non sono arrivate semplicemente perché gli attori di questa vicenda ritengono di non avere fatto nulla di male ed è questo l’aspetto peggiore di tutta la vicenda. L’Ancien Regime non è caduto per una sorta di autodeterminismo storico ma sotto le baionette della Rivoluzione Francese, che aveva affermato un principio di fondo: l’uguaglianza  di tutti i cittadini di fronte alla legge.

Lentamente questo “pericoloso” concetto è stato scardinato. Nei cosiddetti regimi democratici, come il nostro, in realtà non vi è in alcun modo uguaglianza di fronte alla legge: è un mondo in cui “chi à è e chi non à non è”. Ed è per questo, scriveva Padula, che la vocale “a” precede, nell’alfabeto, sempre la vocale “e”.
L’essere è in funzione della forza che si ha o che si ritiene di rappresentare. Con buona pace di chi si è affannato, è morto o ha speso la propria vita per affermare il contrario.

Massimo Conocchia

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