Rocce fuse di Serra di Buda, gli ultimi studi al convegno 2019 della Gsa in Phoenix, Arizona, Usa.

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Il prof. Mario Bertolani, ordinario di Petrografia all’Università di Modena, si interessò allo studio delle rocce fuse di Serra di Buda, già dal 1970-71. Nel suo lavoro (“An enigmatic outcrop of vitrified rocks near Acri, Cosenza. Boll. Soc. Geol. It., 91, 683-692”), pubblicato nel 1972, scriveva che “Nel 1970, il dott. Franco Foggia, geologo locale, portò alla nostra attenzione il fatto che, nella regione di Serravuda (o Serra di Buda …) a circa 3 km a nord-ovest di Acri (Cosenza), c’erano alcune rocce vetrificate. L’area è costituita da una linea di picchi arrotondati con direzione Nord-Sud, ed è nella parte più meridionale di questi, quella che può essere una cima appiattita artificialmente, che il fenomeno può essere osservato. L’altitudine è di 926 metri sopra il livello del mare. La superficie piana ha una forma quasi ellittica e misura 32 metri Est-Ovest e 25 metri Nord-Sud. Le rocce vetrificate si estendono per oltre 50 metri in una banda continua, larga alcuni metri lungo il bordo settentrionale della superficie piana. Al centro della superficie piana, tuttavia, vi sono affioramenti di rocce non interessate da trasformazioni dovute al calore. Ai lati della collina, in particolare su quello esposto a Nord-Ovest, ci sono molti frammenti di rocce fuse o trasformate con il calore. Test scavati in tre punti rivelarono che le rocce fuse formano una crosta spessa 50-90 cm. Sotto la crosta c’è uno strato di rocce arrossate dall’ossidazione indotta dal calore, fino ad una profondità di 25-60 cm. Questo strato ossidato poggia su materiale detritico che ha una superficie annerita. A una profondità di 1,40-1,50 metri questo lascia il posto a rocce non influenzate da fusione o azione caustica. La crosta fusa è formata generalmente dalla completa saldatura di larghi frammenti di roccia che sono diventati così compattati che, a prima vista, sembrano essere un singolo blocco di roccia fusa. Non ci sono rocce fuse o ossidate sul lato meridionale; scavando qui si portò alla luce frammenti di ceramica seppelliti superficialmente, attribuiti dal prof. Benedetto Benedetti, direttore del Museo Archeologico di Modena, ai Brutii del II o III secolo a.C. Sul lato ovest della superficie piana, che è stata per lungo tempo un luogo sacro, ci sono tre croci di legno. >> (traduzione dall’inglese di Rose Marie Zirpoli).
L’enigma delle rocce fuse sulla sommità di Serra di Buda suscitò l’interesse anche del prof. Gianpaolo Sighinolfi, ordinario di Geochimica nell’Istituto di Mineralogia di Modena, che insieme a Peter Horn (Max Planck Institut fur Kernphysik, Heidelberg) e B. Kleinmann (Mineralogisch – Petrographisches Institut der Universitat, Heidelberg), lo propose in una discussione specifica nel Convegno GSA (Geol. Soc. Am.) del 1972, tenutosi a Minnesota, USA.
Il prof. Sighinolfi ha ripreso ad interessarsi alle rocce fuse di Serra di Buda da settembre 2018 ed è arrivato a coinvolgere le prof.sse Chiara Elmi e Rachel Patterson del “James Madison University, Harrisonburg, VA 22807, USA”. Questi Autori, insieme a Romano Serra (“Dipartimento di Fisica e Astronomia, Università di Bologna”) discuteranno sul tema “Mineralogical and chemical characterization of vitrified rocks from Serra di Buda (Acri, Italy)” mercoledì 25 settembre 2019, alle ore 11:15 AM., nel Phoenix Convention Center in occasione del Convegno 2019 della GSA (Geological Society of America), che si terrà dal 22-25 settembre a Phoenix, Arizona, USA.
La soluzione dell’enigma è ancora lontana e richiederà altre campionature sul posto e nuove analisi di laboratorio, oltre a misurazioni geofisiche in loco. Le note positive vengono dal fascino che riscuote l’enigma di Serra di Buda sugli studiosi.
Francesco Foggia

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