La buona sanità negata!

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Qualsiasi tipo di problema, dal più piccolo al più grande, può essere risolto o evitato se si attua un percorso costante di prevenzione. Questo approccio vale per tutto, in generale, ma nello specifico di questa riflessione, che indaga sempre i malesseri del nostro sud, vale per quella serie infinita di severe e difficili conseguenze socio-sanitarie che affondano le radici nella totale mancanza di prevenzione delle malattie, dalla più banale influenza, alla più complessa problematica cronica; inoltre nella mancanza o inadeguatezza delle strutture

Nel corso di questi anni, ad Acri -come sempre preso a campione di un sud più vasto- i casi di gravi malattie sembra siano esponenzialmente aumentati, e le ragioni di questa crescita sono state attribuite soprattutto a fattori ambientali, in particolare ad emissioni inquinanti e qualità dell’aria e dei suoli problematiche. L’idea che mi sono fatto –leggendo e consultando documenti- è che al contrario del tema emissioni-inquinamento, i reali fattori di questa nuova problematica siano di altra natura e abbiano come matrice, soprattutto, la mancanza costante di campagne di prevenzione, cui fa da sfondo il radicale, progressivo cambiamento di una cultura alimentare che è passata daun’equilibrata e sana alimentazione mediterranea, a una di tipo industriale; dalla parte positiva e sincera della civiltà contadina a quella industriale. 

Prevenire è poter intervenire in anticipo su qualsiasi tipo di problema sanitario, come la scienza insegna, al fine di diminuire, soprattutto, le alte percentuali di malattie gravi. 

Ma ciò che è parte del drammatico problema sanitario meridionale, la cui assurda evidenza è nei costi vertiginosi della fuga per curarsi verso il nord Italia, è proprio la ridottissima attività preventiva che proprio i centri sanitari, e la carenza di strutture preposte alle campagne di profilassi collettiva, non attuano, mentre dovrebbe essere costante e mirata, efficace e verificata.

La scomparsa, abolizione, riduzione dei presidi sanitari-ospedalieri, ad Acri come ovunque, è l’ultimo anello di una catena di fallimenti del welfare in Italia, che non è affatto servita a ridurre i costi, bensì a smantellare un sistema di micro realtà socio-sanitarie in cui si trovava non solo la prima assistenza, ma anche le forme minime di prevenzione e cura nel tempo.

Così al sud, come sempre, tutto si amplifica e le situazioni normali divengono paradossali: il buon senso civico dovrebbe, in questo caso, fare leva verso una costante spinta popolare -di cui ormai il nostro meridione sembra aver perso memoria- con rivendicazioni collettive, non fidandosi delle promesse della politica, e spingendo verso la soluzione di necessità concrete del deficit sanitario. Tutto ciò sia in termini di strutture secondarie da riattivare, di qualificazione del personale sanitario –sempre meno professionale e civile-, di riduzione del sovraffollamento degli ospedali principali, del non arricchire i privati e le loro strutture, del dare una prospettiva di vita sana ed equilibrata, anche ai cittadini del sud, che non sono affatto di serie b!

Al contrario, fondendo valori tradizionali con la capacità della tecnologia di farci vivere più a lungo, e come sempre vincendo, anche in questo caso, “damientu” e rassegnazione, agendo con visioni di lunga durata e azioni collettive, incisive dal piccolo centro alla grande città!

Pino Scaglione

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