Un Paese per giovani

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Forse alla fine riceveranno un premio i giovani italiani. Certo non perché hanno fatto la guerra, come le generazioni dei loro nonni o bisnonni, ma perché stanno sopportando effetti di diverse emergenze. Dal marzo 2020 sono immersi in un mondo che controlla e contiene i loro corpi. Hanno vissuto un tempo che li ha prima rinchiusi nelle loro stanze, poi nei loro banchi e che ora prova a mortificare le loro idee. Sinora non avevano dato segni di reazione (se si escludono gli atti criminali della violenza sui corpi delle loro coetanee nella notte di Capodanno a Milano su cui molto ci sarebbe da dire ma non ora e non qui).  

Hanno accettato, seppure con molte resistenze, mugugni, risentimenti, malesseri, smarrimenti, il disciplinamento forzato della solitudine e delle restrizioni, niente concerti, niente discoteche, niente vacanze, niente uscite scanzonate con gli amici, niente di niente. Si sono abituati alle mascherine, alla costrizione degli spazi e al controllo della vita scolastica. Hanno sopportato violenze psicologiche, esclusioni digitali, solitudini in famiglie violente o disagiate, silenzi, insonnia, dimenticati dalla politica e dalle istituzioni hanno subito limitazioni di azione e di movimento ma anche poca considerazione.

Nelle grandi città hanno alzato la voce ogni tanto contro la DAD, cercando di farsi sentire per chiedere l’aumento dei trasporti e il miglioramento della qualità della mobilità, poca roba. Hanno fatto esami da remoto, maturità senza prove scritte, si sono sentiti spesso cittadini di serie B.

Ma non tutte le emergenze provengono dalla pandemia. Di recente hanno fatto sentire la loro voce per altri motivi, per altre resistenze. Hanno alzato una voce critica verso i Progetti di PCTO (ex Alternanza Scuola-Lavoro) dopo la morte di Lorenzo Parelli. Lorenzo aveva 18 anni, era originario del paesino del Friuli e studiava in un istituto tecnico del capoluogo. Durante il suo PCTO – si trattava di fatto di un lavoro di carpenteria metallica nello stabilimento dell’azienda Burimec a Lauzacco – una putrella (una trave d’acciaio) gli è caduta addosso uccidendolo. Era l’ultimo giorno del suo percorso PCTO.

Allora questa volta hanno parlato, hanno urlato, criticato, molti genitori, docenti e dirigenti con loro: l’alternanza scuola-lavoro va riformata, non crea competenze reali, spesso in alcuni contesti si configura come sfruttamento di lavoro. Hanno preso voce, sono tornati per strada: a Milano, Torino, Roma, Napoli e hanno preso manganellate.  A Roma studenti del Liceo Virgilio, si chiamano “la Lupa”, hanno organizzato un Presidio al Pantheon dopo sole 24 dalla morte di Lorenzo, volevano muoversi in corteo fino al Ministero della Pubblica istruzione che è responsabile per i PCTO a livello nazionale, 15 minuti di strada.  Appena hanno provato a muoversi in corteo la polizia ha iniziato a schierarsi contro di loro e sono arrivate le manganellate, una ragazza si 14 anni con 6 punti in testa e altri ragazzi con punti in testa, una carica che è durata 20 minuti, alcuni di loro sono riusciti ad arrivare al ministero scortati dalla polizia. Una settimana dopo la stessa cosa a Milano, Torino e Napoli, tafferugli con decine di contusi. Dopo un autunno caldo di no-Vax in piazza che hanno manifestato le loro contrarietà con una polizia in piazza tutto sommato blanda, ora invece con i ragazzi che urlavano la loro denuncia per un percorso di apprendimento da riformare la reazione della polizia è stata durissima.

Una insegnante di Roma sostiene che si tratta per loro di un doppio tradimento, traditi da un percorso del PCTO che ha ucciso un loro coetaneo e traditi nella loro sicurezza nel fare una manifestazione. I ragazzi vanno ascoltati, bisogna interrogarsi. La ministra Lamorgese risponderà di quanto accaduto, dell’eccesso di violenza usata, della motivazione di tale violenza. In Italia non è ancora vietato dimostrare democraticamente in piazza. Una foto uscita sui social in questi giorni ritrae un ragazzo giovanissimo con la testa insanguinata da una manganellata “delle forze dell’ordine” con una eloquente didascalia: “la scuola apre la testa”. Così dovrebbe essere! Ma senza sangue. Sono milioni ma non vivono in un paese che li riconosce come risorsa viva per il futuro, oggetto di politiche spesso da loro distanti chiedono voce e questa volta hanno preso mazzate.

Assunta Viteritti

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