Ricordando padre Leonardo Petrone

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Apprendo in questo momento della scomparsa di padre Leonardo e non posso che esprimere profondo rammarico. Di lui non so molto, lo avevo conosciuto qualche anno fa come fine intellettuale, oltre che comecolto frate cappuccino, e da subito fra di noi, pur tra visioni del mondo non sempre convergenti, era nata una di quelle amicizie e stima destinate a non interrompersi più.

Padre Leonardo era di origine contadina, nato nelle campagne del di là Mucone, da dove si era sottratto ad una vita di stenti per percorrere la via del Signore, come spesso mi diceva, una via però non meno difficile e faticosa, infatti mi raccontava che da frate aveva da subito scelto di fare il missionario in varie parti del mondo, compreso l’Africa, alla cui misteriosa e martoriata realtà era rimasto per sempre legato dal profondo dell’anima: questo legame lo si percepiva ogni volta che si parlava con lui, indipendentemente dall’argomento, i suoi occhi allora si illuminavano come fanali nel buio, e dalla sua bocca sentivi uscire nomi, suoni e inflessioni di mille linguaggi, di mille sperduti villaggi della giungla, ma anche di animali con cui padre Leonardo aveva avuto a che fare.

Con lui poi, conoscitore raffinato del mondo classico si passava facilmente a discutere di politica, di letteratura, di teologia, e allora, nelle calde sere di agosto, su quello stesso piazzale della Basilica, dove ho trascorso la mia infanzia, padre Leonardo dava il meglio di sé non solo per le colte citazioni in greco, in latino o in ebraico, ma per il piglio roccioso, accanito cui si lasciava andare per sostenere le sue tesi.

Con la dipartita di padre Leonardo ho perso un punto di riferimento, una delle amate ragioni che mi hanno sempre portato a ‘Cappuccini’.

Vincenzo Rizzuto

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