Interrogativi attendono risposta

Bata - Via Roma - Acri

Ho un dubbio atroce e vorrei che qualcuno qualificato mi eviti delle notti insonni.

Un ritrovamento archeologico casuale può dirsi completo, definito, definitivo, esauriente ecc. ecc.;

o, al contrario, ci si deve chiedere, ad esempio: – Che fine fecero quei discendenti di chi s’insediò sul Colle Dogna? Emigrarono? Rimasero nei pressi? Quando emigrarono nel colle Padia? –

Il mio dubbio pone tanti interrogativi.

Mi chiedo, perciò: – L’archeologia può fare a meno della Storia? Può fare a meno dello studio dei toponimi?; dello studio del dialetto ecc.? -.

A quanto sembra la risposta dovrebbe essere negativa per alcuni. Lo è per tutti? O no?

Ecco, gli interrogativi mi sommergono e mi assillano.

Dalle parti nostre, dove i tuttologi non mancano e se mancano li importiamo, qualcuno ha sputato la sentenza: – Acri è colonia greca, perché il nome lo dice -.

Domandiamo, però, a chi sa di greco: – Acri è Acra? -. Quest’ultima, dicono,, significhi sommità e Padia, primo insediamento, sorge su una sommità -.

Una piccola obiezione: – Ma Acri non è acra o sbagliamo? –

Andreotti di Loria, in un articolo riportato in un mio scritto, infatti, è di diverso avviso.

È ormai chiaro che prima dei Greci popolarono Acri altre etnie.

Questo non solo ce lo dice il buon senso, ma ce lo dicono, ad esempio, tracce del linguaggio osco nel vecchio dialetto acritano.

Allora, richiedo: – L’archeologia può fare a meno del concorso e dell’appoggio di quanto detto in apertura? –

Voglio, ancora, dire qualcosa: – Un toponimo ci conferma la presenza di coloni Osci nell’abitato di Acri -.

La storia, ancora, ci viene in soccorso per farci capire, perché i nostri antenati si rifugiarono in Padia. Ce lo precisa un noto autore medioevale.

Allora: – Conoscere un territorio significa solo il rinvenimento, casuale o meno, di reperti archeologici o al ritrovamento bisogna far seguire o far precedere uno studio delle branche suddette?

Se questo è vero, perché non lo si fa? Ci vengono dubbi atroci che, però, per amor di patria taciamo, ma una risposta, anche se minima, dovremmo averla.

Qualcuno mi farà salire dal limbo in cui mi trovo e mi dirà: – Sei un folle! -, cosa fatta altra volta, ma il tempo, purtroppo per costoro e per buona sorte, mi ha dato ragione. O, forse, mi dirà: – Hai ragione! -. In quest’ultimo caso ringrazio.

Se ho ragione chiedo, a chi non ha idee preconcette: – Perché, allora, non si mette in atto un lavoro, che veda un concorso congiunto di chi si occupa delle varie materie, per cercare di dare a me – e a chi ritiene che le mie argomentazioni non siano pura follia -, una qualche risposta? -.

Solo così potremmo, per dirla con Dante: veder lo cielo!

Giuseppe Abbruzzo

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