Le alluvioni in Emilia e Toscana: fatalità o errori umani?

Il 2023 e l’anno in corso ci hanno fatto assistere a una serie di eventi ambientali estremi, la cui genesi è sicuramente multifattoriale. Ci sarà senz’altro l’influenza, da più parti paventata, di un cambiamento climatico con cui inevitabilmente confrontarsi ma, riteniamo, ci. siano altri e più importanti fattori in queste dinamiche estreme. Anzitutto, la prevenzione, parola pressoché sconosciuta. Gli eventi passati hanno portato a spendere fior di milioni solo per la gestione dell’emergenza, assai frequentemente affidata a amministrazioni commissariali di dubbia efficacia. Prevenire significa, anzitutto, investire in un piano di lungo respiro come pure in alcune realtà è stato fatto.

Se l’Arno in tempi recenti non è esondato come nel 1966 è perché  a monte è stata costruita la diga del Bilancino, oltre alle vasche di laminazione e esondazione costruite nel Valdarno. In tutte le realtà dove la politica ha pensato di intervenire con vasche di espansione adeguata i danni sono stati limitati. In altre realtà, come appunto l’Emilia, si è assistiti a un penoso rimballo tra Regione e Governo centrale, francamente stucchevole e fuori luogo. Altrettanto importante è la manutenzione preventiva degli argini.

Altro fattore di rilievo sarebbe stato il divieto di costruire nelle vicinanze dei fiumi: sarebbe stato, forse, questo, un merito di una politica illuminata, attraverso piani regolatori che impedissero la costruzione in aree a rischio e il coraggio successivo di demolire quanto un abusivismo selvaggio ha determinato. La politica dei condoni ha, poi, fatto il resto: bastava pagare per sanare la maggior parte delle nefandezze urbanistiche. Nessuno, in estrema sintesi, è immune da peccati e responsabilità.

Si tratta ora di agire con una serie di misure di prevenzione, al di là del contingente. Il quadro appare ancora più grave nelle nostre realtà, dove sui fiumi si è addirittura costruito, senza quelle misure e quelle valvole di sfogo pure presenti in altre realtà: pensiamo a Milano, dove la parte tombata del Seveso è attraversata da una serie di tombini e valvole di sfogo, che hanno tradotto la furia dell’acqua in esondazione, prevenendo l’effetto “esplosivo” delle piene. Prevenire  implica anche l’anticipazione di  problemi legati a errori umani a tutti i livelli e  non  è mai troppo tardi. 

Massimo Conocchia

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