“La solidarietà, quindi, non è un’utopia!”

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Non molto tempo fa scrivevamo che ‘senza solidarietà si muore’, e parlavamo dei poveri neri di Rosarno e di altri derelitti emigranti, visti e descritti come la peste e come un grande pericolo per l’identità della nazione; così sostenevano alcuni nostri ministri e tanti altri benpensanti fratelli d’Italia, che si autoproclamavano difensori dei sacri valori della patria.

E in nome di questi sacri ‘valori’ ordinavano la chiusura dei porti e l’abbandono in mare di poveri cristi, in sfregio alle più elementari leggi interna-zionali e al sentimento di solidarietà umana fra i popoli, che affonda le proprie radici fin dai tempi di Ulisse. Costoro evidentemente avevano il ‘cerebro pieno di scurrili indigeste dicerie’, come dice l’im-mortale Omero di Tersite quando questi, lacchè del padrone di turno, Agamennone, si scaglia inopinata-mente contro l’eroe Achille.

Oggi, invece, che impazza il coronavirus costrin-gendo l’intera umanità a starsene ‘serrata’ in casa per evitare la morte, quegli stessi ministri e benpen-santi balbettano, non invocano più la gogna per gli emigranti, anzi li cercano per mandarli nei campi e nelle officine, in mezzo al coronavirus, dove nessun’altro vorrebbe rischiare la vita  per produrre beni di sopravvivenza.

Ma quei neri di Rosarno e di tante altre parti del mondo, insieme a tanti altri uomini di buona volontà come medici, infermieri, ricercatori e tanti altri lavoratori con altruismo e generosità si spendono in nome proprio di quell’umanità e solidarietà tanto misconosciute in alcune pieghe delle società opulen-ti ed ‘evolute’.

Vincenzo Rizzuto   

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