Dagli all’untore: vada al rogo!

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In tempi a noi lontani o meno, in caso di epidemie se ne attribuiva la colpa e la causa agli untori. Manzioni ne “I promessi sposi” ce ne dà un saggio eloquente.

In tempi e luoghi a noi più vicini si verificarono scene orrende.

In S. Giorgio Albanese, nella prima metà dell’Ottocento, capitarono dei pettinàri, per vendere i loro manufatti.

Va precisato che i pettini, che vendevano, non erano quelli adoperati per pettinare i capelli, ma quelli usati dalle tessitrici per i loro telai. Capitarono, in quel paese, purtroppo per loro, nel luogo e nel momento sbagliato. Vi era scoppiato il colera. Questo male, all’epoca, non si riteneva qualcosa di naturale, ma lo si addebitava agli untori. I malcapitati vennero individuati come spargitori del morbo. Catturati, giudicati sommariamente e condannati a morte.

Oggi si ride alla scemenza degli untori, ma allora, come riportato, ne andava di mezzo la testa.

Veniamo in tempi più vicini a noi. Siamo nel 1910. Il colera, si segnala con circospezione. Partito da Napoli avanza. Giolitti nega. Vero erede del manzoniano don Ferrante, il quale sosteneva, a spada tratta, che la peste non esistesse. Finì, però, per morire proprio a causa di quel male che negava con veemenza. Giolitti non fece quella fine, ma la sua ostinazione produsse quel che produsse.

Il morbo avanza. I morti sono numerosissimi. Si richiedeva di fermare le merci, possibili veicoli di diffusione, ma lo statista era irremovibile.

Il colera arriva in Verbicaro. Va detto che questo paese, già nel 1855, aveva avuto un numero considerevoli di morti a causa del colera. In quell’anno (1910) il colera miete vittime. Anche qui si dà la caccia agli untori. Si è convinti che l’acqua inquinata della fontana sia stata opera degli untori, che hanno operato versandovi la purvareddra.

Il popolo, chiamato a raccolta diviene incontrollabile. Il 21 agosto 1911 si assalta il municipio, si uccide il sindaco e un impiegato comunale. Si occupa la caserma dei carabinieri, si distrugge l’ufficio postale e si procurano vari danni. Giolitti è costretto a inviare un grosso numero di forze.

Il paese era privo di acquedotto, fogna, strada, come tanto paesi della dimenticata Calabria, che aspettavano i benefici promessi con l’Unità d’Italia.

Gli inviati di testate nazionali si recarono in quel paese. Giolitti, dichiarava loro che si era difronte a un “episodio di follia collettiva piuttosto, a un caso di malattia cerebrale anziché di malattia intestinale”. Fu coniato il vocabolo: verbicarismo, relativamente a quei fatti.

L’amico Felice Spingola, Verbicarese doc, su quei fatti ha scritto un bellissimo saggio al quale si rimanda.

I fatti di Verbicaro fecero temere una insurrezione più vasta sul territorio nazionale. Ad Acri s’incominciò a fare richieste per l’acquedotto, che non si doveva realizzare, e della fognatura, ecc. Questo, però, è un altro discorso, sul quale si potrebbe ritornare.

Gli untori, per fortuna, sono finiti con quei periodi, ma i virus restano e, purtroppo, ne risentiamo il malefico influsso.

Agli untori vanno associate altre categorie: magare, streghe, stregoni, negromanti ecc.

Si riteneva, infatti, che loro, con i loro filtri magici, simili alla purvarèddra di Verbicaro, la facevano da untori. All’epoca non si andava tanto per il sottile e tanti poveri erboristi ed esercitanti altre attività similari, con quella scusa, furono mandati al rogo.

In tempi in cui la scienza e l’istruzione di massa ha prodotto i suoi effetti non si crede più agli untori se no ai nostri tempi sarebbe stata una ennesima strage.

Giuseppe Abbruzzo

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