Ancora a casa

Bata - Via Roma - Acri

Qualcosa non ha funzionato. Il 12 Aprile sono tornati a scuola quasi 6 milioni di alunni sugli 8,5 milioni delle scuole statali e paritarie, di fatto otto studenti su dieci. Quasi un milione in più della settimana scorsa, di cui 400 mila solo in Lombardia. Eppure ad Acri si continuano a ricevere ordinanze restrittive più di quanto lo siano state quelle di un anno addietro. L’unica regione che rimane interamente a distanza è la Sardegna dove più di 63.000 studenti si collegano da casa (un bel risultato per una regione che vantava di essere la sola bianca in Italia). In tutto ancora due milioni gli studenti restano in DAD, tra questi ci sono anche gli studenti di Acri.

In tutte le regioni il ritorno a scuola per così tanti studenti non è solo una  conseguenza del decreto legge che ha permesso il rientro anche nelle zone rosse ai bambini della scuola dell’infanzia, agli alunni delle elementari e di quelli del primo anno di secondaria di I grado, ma soprattutto del miglioramento dei dati del contagio che ha consentito a quasi tutte le regioni di rientrare o confermarsi in zona arancione.

Miglioramento dei dati, appunto, ma non ad Acri. Qualcosa non ha funzionato. Nelle nuove restrizioni dell’ordinanza, ora tutte necessarie, si corre ai ripari e si chiude la stalla quando tutti i buoi sono scappati. Le conseguenze sono solo dei più piccoli che più di tutti gli altri sono costretti a continuare l’esperienza straniante della scuola fatta a casa davanti a un computer. Eppure molti dei loro insegnanti hanno già fatto almeno una dose dei vaccini che mette al riparo dalle forme più gravi della malattia e certo loro erano già pronti a tornare in aula, con tutte le precauzioni. E invece no. Molti bambini e bambine erano già pronti con i loro zainetti e con le mascherine nuove e di sicuro molti di loro hanno provato tanta tristezza nel verificare che no, ancora non si torna, si resta ancora a casa, ancora per settimane.

Qualcosa non ha funzionato. Le famiglie non sono un luogo sicuro, hanno dimostrato di non esserlo. Gli incontri delle famiglie allargate, i comportamenti inopportuni delle cerchie familiari non ha protetto abbastanza i più piccoli. La responsabilità intergenerazionale (questa volta dei più grandi verso i più piccoli) ha fatto cilecca. Ma cosa fanno i più piccoli a casa con la DAD e cosa succede quando entrambi i genitori lavorano (quelli che possono e devono)? Molti restano da soli in casa, magari con un fratello o una sorella maggiore, anche loro in DAD nella stanza accanto. Si certo, così piccoli quante cose hanno imparato, ora sanno gestire la piattaforma, sanno fare i compiti a distanza, meglio se con il supporto di mamma o papa’ (dove possibile), sanno fare le interrogazioni a distanza, ma ora sono davvero stanchi. Gli adulti con i loro comportamenti colpevoli hanno di fatto deciso che i più piccoli restano ancora casa. Si certo, i più piccoli vanno protetti, messi al sicuro. Ma siamo certi che è questo che gli adulti hanno fatto ad Acri durante le ultime settimane? Quanto le famiglie sono consapevoli della loro responsabilità nel fatto che i più piccoli ora devono ancora restare a casa? Quanti bambine e bambine con difficoltà di apprendimento stanno peggiorando la loro preparazione? I bambini e le bambine vanno  formati alla responsabilità e al coraggio e non alla paura. Dovremmo convivere ancora molto con questo virus, cosa abbiamo imparato? Le cosa che questo virus insegna sono la responsabilità verso i legami sociali, la capacità di vivere insieme responsabilmente anche in situazioni di rischio. Dopo un anno l’esito che constatiamo è che costringiamo i più piccoli a restare a casa, fuori dalla loro socialità. I bimbi e le bimbe devono apprendere fuori dalla famiglia, la scuola è una agenzia di socializzazione e deve fare il suo lavoro. I comportamenti inopportuni di (molti) adulti stanno producendo la persistenza della solitudine per (molti) più piccoli. Non basta chiudere le strade, vietare gli accessi, restringere la mobilità pubblica, bisogna correggere i comportamenti privati che sono di fatto i luoghi principali del contagio. Il virus siamo noi, non dobbiamo dimenticarlo. Ma i più piccoli devono tornare a scuola, anche in zona rossa. Lo fanno in moltissime zone rosse d’Italia.  Bisogna imparare a convivere, tra di noi e con il virus, oggi abbiamo molti più strumenti. O meglio dovremmo averli.

Chiedete a mamma e papà di comportarsi bene, forse dopo il 26 si torna a scuola.

Assunta Viteritti

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