Informazione, politica e grammatica

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Alcuni lettori ci hanno segnalato una serie di articoli, provenienti dalla medesima testata online, tesi a screditare il nostro lavoro.

In tutta sincerità ci erano sfuggiti, non essendo avvezzi a determinate letture.

Per rispetto a chi ci legge, tuttavia, non possiamo far finta di nulla, sebbene sia nostro solito preoccuparci più di quello che facciamo noi rispetto a quello che fanno, o non fanno, gli altri.

In ogni caso, prendendo le mosse da una recente richiesta di una parte dell’opposizione consiliare, di un “Patto per la legalità”, in vista delle elezioni, ci viene da dire che nel rapporto tra informazione e politica occorra un “Patto di neutralità”. A leggere certi articoli, da qualche settimana a questa parte sempre più insistenti, ci si accorge che il ruolo di terzietà di certa informazione sia andato a farsi benedire.

Come si fa a titolare con la presunta chiusura dell’ospedale un articolo, tra l’altro superato da un atto dell’Asp, in cui invece si dovrebbero denunciare i soprusi compiuti a danno della struttura all’interno dell’organizzazione sanitaria? Si preferisce buttarla sul politico, perché conviene.

Può definirsi al di sopra delle parti una testata che sulla propria pagina Facebook lascia per settimane come post fissato in alto, in pratica come copertina, un comunicato di una parte dell’opposizione in consiglio comunale?

Sono solo due dei più recenti esempi, magari con la presentazione imminente delle candidature certe dinamiche diverranno più chiare e meno compatibili con il dovere di un’informazione che non sia di parte.

E veniamo a certe deliranti ricostruzioni di fatti che avvengono in una settimana. A parte le cervellotiche pseudoanalisi pre-elettorali, certi scritti trasudano un’autoesaltazione dai piedi d’argilla.

Ma quello che per davvero inquieta è il sistematico maltrattamento della nostra bellissima lingua.

Scrivere “i sprovveduti”, solo per fare un esempio, implica l’obbligo di una quotidiana genuflessione davanti a una delle nostre scuole elementari. Definire poi “pamphlet” il libro di Paride Leporace su Giacomo Mancini è una mortificazione sia per l’opera, ben scritta, che per il suo autore. Quel libro tutto è tranne che un “pamphlet”. Questi signori hanno la mente talmente ottenebrata dal risentimento personale da non capire che i lettori aspettano gli articoli settimanali solo per farsi quattro risate.

Per chiudere, e prevedendo il solito consunto argomento sui titoli per salire in cattedra.

Il mio curriculum dice che, volendo, potrei insegnare nelle scuole pubbliche. Semplicemente finora non ne ho mai avvertito l’esigenza.

In ogni caso non mi vorrei trovare nella scomoda situazione, come è accaduto a certi personaggi da avanspettacolo, di essere oggetto di un provvedimento di cancellazione dalla graduatoria provinciale delle supplenze per “Mancanza di titoli”.

Piero Cirino

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