Il diritto di voto andrebbe esteso ai sedicenni?

Da anni esiste un dibattito sulla questione, con autorevoli posizioni e argomentazioni pro e contro.

In Europa, alcuni paesi hanno già abbassato i limiti di età al voto: in Austria chi ha sedici anni può votare in tutte le elezioni dal 2007, così come a Malta dal 2018. In Grecia, grazie a una riforma del governo guidato da Alexis Tsipras, dal 2016 possono votare anche i diciassettenni. In Ungheria i maggiori di sedici anni possono votare se sposati, in Germania solo nelle elezioni dei Parlamenti di alcune regioni e in Svizzera nel cantone di Glarona. In Scozia, i sedicenni hanno votato per la prima volta nel 2014 e c’è stata una sperimentazione anche in Norvegia nel 2011, in occasione di alcune elezioni locali. In Bosnia, Croazia, Serbia e Slovenia si può votare a 16 anni.

Nel resto del mondo il diritto al voto è esteso ai e alle sedicenni in Argentina, Brasile è facoltativo, seguono Nicaragua, Cuba, Ecuador e in Indonesia in cui si vota dai 17 anni in su.

La Stampa, citando i dati ISTAT 2020, ricorda oggi che in Italia le persone che hanno tra i 16 e i 18 anni non compiuti sono circa 1 milione e 130 mila, «un cinquantesimo del corpo elettorale delle politiche del 2018, un 2%». Una percentuale «che non potrebbe spostare grandi equilibri» anche se tutti e tutte votassero in modo compatto per un singolo partito.

Prima della Seconda guerra mondiale era necessario avere 21 anni o più per votare, in quasi tutto il mondo. Solo negli anni Settanta, anche in seguito alle contestazioni giovanili, molti paesi abbassarono a 18 anni il diritto di elettorato attivo e passivo (cioè quello di essere eletti, oltre che di votare). Nel Regno Unito accadde nel 1969, negli Stati Uniti nel 1971, in Canada e Germania Ovest nel 1972, in Australia e Francia nel 1974 e infine nel 1975 anche in Italia.

Queste riforme furono accompagnate da larghi dibattiti, molto polarizzati dal punto di vista politico: i conservatori citavano l’irresponsabilità delle persone giovani ipotizzando disastri che avrebbe comportato la loro inclusione nel corpo elettorale. Il timore, almeno negli anni Settanta, era soprattutto che avrebbero votato in massa a sinistra: cosa che in parte peraltro si verificò.

Parte di queste argomentazioni è presente ancora nel dibattito attuale sul voto ai 16enni, anche se rispetto a un tempo è un po’ più frastagliato.

 Ho chiesto a due studentesse   quindicenni dell’ITCGT Falcone di Acri una loro opinione in merito, ecco cosa mi hanno risposto:

“ Secondo me votare a 16 anni potrebbe essere una bella esperienza per poter esprimere le mie idee e poter contribuire ad un piccolo cambiamento della società. Io voterei la persona o il partito politico che più si avvicini alla mia idea di libertà, che stia attento all’ambiente e che promuova azioni di carattere sociale.“    (A.P.)

F.M. scrive: “ Mi piacerebbe poter votare per avere libertà di parola e perché credo sia giusto che anche i più piccoli possano dare un loro pensiero e aiutare il paese. Bisogna ovviamente essere consapevoli di ciò che si fa ed essere ben informati. Ora che studiamo anche educazione civica a scuola possiamo dire di capirne più di prima e dovremmo già prepararci al mondo reale, sapendoci gestire ancor prima di concludere gli studi per essere più autonomi. Non credo sia un male far votare dai 16 anni in poi, o almeno, bisognerebbe prendere in considerazione questa idea e pensare di realizzarla.”

Il dibattito è aperto.

Elena Ricci

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