La scuola bene comune

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La scuola è uno spazio pubblico, collettivo e plurale. È un luogo fragile e forte, un luogo quotidiano e ricco di potenzialità, capace di costruire un processo innovativo di ridefinizione della sfera pubblica e della sua relazione con la comunità. È un luogo di relazione intergenerazionale in cui di disegnano collettivamente i destini singolari. 

La scuola come bene comune” è il titolo del Rapporto INDIRE/LABSUS ((laboratorio per la sussidiarietà) presentato il 28 marzo scorso (qui si può scaricare il rapporto https://www.labsus.org/rapporto-labsus-2022/). Nel rapporto si racconta di come la scuola abita il territorio e di come il territorio viene abitato dalla scuola. È presentata una indagine quali-quantitativa che racconta la composizione nei territori di patti di collaborazione e di patti educativi di comunità (ve ne sono già più di 100 in Italia) e c’è un racconto a più voci delle tante forme di collaborazione tra scuole e territori. Il rapporto testimonia di esperienze che vogliono promuovere collaborazioni tra l’istituzione scolastica, le famiglie e il territorio. Si tratta di esperienze che hanno caratteristiche diverse, sparse in tutta Italia (soprattutto nel centro nord con qualche punta di eccellenza in Puglia e in Sicilia). Si tratta di patti educativi di comunità, di patti di collaborazione, di scuole aperte e partecipate, di “scuola sconfinata”, esperienze che sono volte a rafforzare approcci democratici e partecipativi tra scuola, associazioni, territori, amministrazioni, famiglie in base di solidarietà e corresponsabilità educativa. L’acuirsi delle disuguaglianze, i rischi di esclusione, didispersione scolastica e di povertà educativa richiedono il coinvolgimento attivo dei cittadini e delle loro comunità. Si tratta di esperienze che costruiscono modalità di collaborazione tra diverse agenzie educative e che offrono l’occasione per ripensare gli spazi scolastici, il tempo scuola, la didattica e di orientare gli sforzi per promuovere un’educazione democratica, viva e partecipata.

Così parla un dirigente scolastico che ha accettato di stipulare un patto di partecipazione sul territorio: 

L’obiettivo è stato quello di creare dei poli di apprendimentoscuola-territorio per favorire progettualità concrete che fossero in osmosi con il tessuto sociale, quindi non scollegate da esso. Questo ha permesso di rendere le scuole in grado di sperimentare delle forme effettive di rete col territorio, in una logica di programmazione degli interventi, creando delle relazioni solide, più approfondite per sviluppare le varie progettualità. I Patti educativi di comunità sono stati molto importanti per il confronto fra scuola e territorio, hanno permesso e potranno permettereprogrammazioni più efficaci” (dirigente scolastico di una scuola della Liguria). 

Nel sud, in Calabria, ad Acri, molto si può (e si dovrà) fare in questa direzione. Servono solo dirigenti sensibili, insegnanti caparbi e liberi, genitori impegnati, associazioni con progetti ambiziosi, amministrazioni consapevoli e pronte a sfide culturali non procrastinabili. Tutti ingredienti già presenti. Bisogna solo metterli insieme.
Assunta Viteritti

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