Il tentato golpe in Russia?

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Quello che è accaduto sabato scorso in Russia ha lasciato i commentatori internazionali nel più classico dei dubbi. 

Si è trattato di un vero tentato golpe o di una semplice manovra di protesta di Prigozhin, a capo dei miliziani della Wagner, per guadagnare posizioni nello scontro sotteso che lo stesso ha ingaggiato, da tempo, con l’esercito alle dipendenze del ministro della Difesa russo Serghei Shoigu, con il quale, secondo fonti accreditate, nemmeno Putin avrebbe rapporti idilliaci?

È troppo presto per rispondere alla domanda in quanto, sia i discorsi di Putin che di Prigozhin, non hanno aiutato a dipanare i fatti ed a comprendere quali conseguenze ci potranno essere in futuro.

Tanti sono i retroscena ancora non molti chiari su ciò che è avvenuto o non avvenuto.

All’indomani dell’avanzata dei miliziani, una forza di circa 25 mila uomini, che hanno conquistato la città di Rostov senza una seria resistenza e che si sono fermati a circa 200 chilometri dalla capitale Mosca, Vladimir Putin è apparso in un breve video tornando a parlare al paese intestandosi il merito di aver evitato “un bagno di sangue” grazie alla fedeltà dei suoi militari e dei servizi di sicurezza interna.

Il Presidente ha rassicurato che rispetterà l’accordo mediato dal presidente bielorusso Alexander Lukashenko, offrendo ai miliziani della Wagner la possibilità di trasferirsi in Bielorussiasenza dover essere processati o di passare al servizio della ministero della Difesa.

Il tentativo di offrire un quadro di riconquistata normalità e di rassicurazione per una situazione ormai sotto controllo, non ha convinto però gli analisti più attenti, che hanno fatto notare come Putin nel suo discorso non abbia mai nominato Yevgeny Prigozhin.

È risaputo che il leader russo non perdona i tradimenti!

D’altronde, non è chiaro che conseguenza sul piano interno russo possa aver provocato l’avanzata e se questa si innesti su di un terreno già di debolezza del Presidente Russo a seguito del conflitto con l’Ucraina che, oltre alle vittime sul campo, sta mettendo in seria difficoltà i magnati del paese. 

D’altro canto, il capo della Wagner, subito dopo la ritirata, si è affrettato in un video di 11 minuti diffuso su Telegram a spiegare che l’azione dell’armata era una protesta e non un colpo di stato.

Nel mirino di Progozhin ci sarebbero stati in realtà gli alti comandi militari – primi fra tutti il ministro della Difesa Shoigu e il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov – rei tra le altre cose di aver impartito alle milizie private, tra cui la Wagner, l’ordine di firmare contratti di subordinazione con il dicastero della Difesa entro il primo luglio. “Io e gli altri ufficiali della Wagner – ha detto Prigozhin– abbiamo rifiutato e intendevamo deporre le armi il 30 giugno a Rostov. Poi però ci hanno bombardati, e quindi abbiamo intrapreso la marcia della giustizia verso Mosca per protestare”. 

L’avanzata si è interrotta a 200 chilometri dalla capitale per “non versare sangue russo

Le parole del mercenario, al quale sono stati trovati all’indomani degli eventi circa 43 milioni di dollari in contanti, che secondo fonti accreditate si troverebbe ora in Bielorussia, sono sembrate in verità delle giustificazioni che hanno palesato l’inconsistenza di un’azione militare che, se fosse riuscita, avrebbe rappresentato un evento storico epocale.

Ad oggi, quindi le domande sono davvero tante.

Il destino politico di Putin e di Prigozhin è ormai segnato?

Come incideranno gli eventi sullo scenario di guerra con l’Ucraina?

Ci sono stati interventi esterni sull’avanzata della Wagner?

Nel clima di incertezza seguito alla rivolta, ogni ipotesi resta al momento sospesa.

Angelo Montalto

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