Una pagina di storia locale

Bata - Via Roma - Acri

Ad Acri, come d’altra parte si sente per tanta parte d’Italia, si legge poco e si può aggiungere: si studia meno. Eppure ricca è la serie degli autori locali che la resero celebre.

È questa la causa che da un paese vivace, alcuni decenni fa, ora è “silenziosa”.

Sapere da dove veniamo dovrebbe essere compito di ogni cittadino. Le scuole, ormai frequentata da tutti, dovrebbero fare la loro parte nell’invogliare allo studio, alla lettura, alla ricerca, quella seria ecc., ma tanto non avviene.

Così non conosciamo da dove veniamo, chi ha lottato per la libertà; chi si è speso a vantaggio del popolo e non per quello personale e si potrebbe continuare. Noi ignoriamo, perché non leggiamo, non ricerchiamo, non studiamo. Nelle scuole, soprattutto, non si esce dal libro di testo, sicché la conoscenza è limitata ed esclude non solo l’ambito paesano, ma anche quello regionale.

Vincenzo Julia, che nemmeno gli studenti e gli insegnanti del Liceo a lui intitolato conoscono, se non di nome, apriva un suo memorabile discorso per l’inaugurazione de La Società Operaia dell’Indipendenza locale, intitolato: Acri e la Società dell’Indipendenza.

Si era nel 1884 e apriva così: “Amici e nemici si accordano nel ritenere Acri paese ricco d’ingegno, iniziatore ed audace, che, a cominciare dai tempi più antichi fino al 1860 diede alla patria martiri ed eroi; Letterati e Poeti, Magistrati e Vescovi, Medici ed Avvocati insigni”.

E continua nel farne cenno. Si sofferma sulle bellezze naturali e si rammarica che, malgrado abbia tanto lottato nel Risorgimento: “E pure il popolo di Acri, così docile e buono, così onesto e laborioso, non ha finora goduto i frutti della libertà, e peggio che ai tempi feudali, questo popolo, capace di grande sviluppo economico ed intellettivo è stato disgraziatamente in mille modi angariato ed abbrutito”.

Si sofferma sulle vicende locali del 1848, e fa una considerazione amara: “Il popolo di Acri fu, dopo il sessanta, barbaramente tradito nelle sue speranze; ed oggi quel popolo, che sollevò sugli scudi Vincenzo Sprovieri [ndr capopopolo nel 48 e poi… cfr. Galantuomini e clienti], è caduto nella più profonda miseria, chiedendo al giovane mondo quei conforti, che la vecchia Europa non sa concedere alle sue plebi spregiate e diseredate”.

Questo incipit fa capire quanto sia importante il discorso per conoscere una pagina della nostra storia. Quali sacrifici e quante denunce portarono in tribunale, fra cui il nostro Oratore, per aver denunciato a chiare lettere le cose come stavano.

Ecco perché bisogna leggere, ricercare e non ripetere pappagallescamente le cose fritte e rifritte, zeppe spesso, se non di errori, di imprecisioni.

Dire il vero fa male e lo Julia tuonava, a difesa di quanti confluivano nella citata Società: “Essi non sono uomini turbolenti ed innovatori; seguono invece le orme di Vincenzo Sprovieri, ed attuano le idee da lui espresse” col “Programma politico del 20 Gennaio 1866”.

Ovviamente, lo Julia ironizza. E, precisa: “Non avevamo forse ragione, quando nella Lettera aperta ai nostri cittadini appellammo Vincenzo Sprovieri fautore simulato dei diritti del popolo? Sfidiamo lui, ed i suoi paladini a smentirci! È ormai tempo di risorgere a novella vita, e che cessi per sempre tra noi il feudalesimo, che ancora si annida tra i ruderi dei vecchi castelli; è tempo di emanciparci, e di uscire di pupillo; di riaffermarci, e di riacquistare la coscienza perduta”.

Si vorrebbe continuare e riportare le argomentazioni, le sottolineature ecc., contenute nel prezioso discorso. È una pagina di Storia viva, vera, che fa conoscere le tante speranze tradite e le tante lotte nel “Risorgimento” locale.

Le istituzioni locali dovrebbero fare la loro parte, nell’opera di recupero e di studio, e la scuola non può esimersene, con la scusa che “il mio libro non lo dice”. Il libro di testo non è la Bibbia. Ricordiamo, che quella che si dice “micro storia” è Storia di un popolo, che dovrebbe avere il dovere di recuperarla, farla conoscere e studiarla. Aggiungiamo: ad averne voglia!

Come finì l’arringa citata? Chi sfida il potente ne sconta il fio!

Chi vuole saperne di più ricerchi e non speri nella Scienza infusa, mentre si sta seduto ex cattedra.

Giuseppe Abbruzzo

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