Carlo, storia di un clochard

Potrebbe, apparentemente, sembrare una storia come tante altre, che, come diceva Guccini, non merita più di due colonne su un giornale. In realtà, Carlo era un personaggio atipico e, per molti versi, straordinario. Se ne stava tutto il giorno al semaforo all’incrocio tra viale Verdi e Viale Giulio Cesare, a Novara, senza chiedere nulla. Ai passanti che, spontaneamente, gli lasciavano un euro, si apprestava a ringraziarli col sorriso e con la solita, sintetica, espressione: “troppi!“. Un pomeriggio primaverile di una decina d’anni fa, rientrando a casa, decisi di attardarmi un po’ con lui. Lo trovai bendisposto e mi raccontò tutta la sua vita. Era stato un manager di un importante gruppo industriale del Nord. A un certo punto della sua vita, decise di rompere i ponti con tutto il suo passato: diede le dimissioni, lasciò buona parte della sua corposa liquidazione alla famiglia. I figli erano grandi, laureati, e non avevano più bisogno di lui. Con i pochi soldi che si era tenuti per se’, decise di fare un viaggio alla scoperta di posti che non aveva ancora visto. La sfida era quella di sopravvivere con il minimo indispensabile, rinunciando ad agiatezze e a tanta parte del superfluo che, fino ad allora, aveva riempito la sua vita. Si abituò a dormire nelle sale d’aspetto delle stazioni o degli aeroporti, spendendo cifre irrisorie per alimentarsi. Rientrato in Italia, iniziò la sua nuova vita da clochard. “Si può vivere con un euro al giorno, mi spiegava, e spesso ti avanza qualcosa“. Stentavo a capire come un uomo, che aveva vissuto fino a poco tempo prima nell’agiatezza assoluta, potesse accontentarsi di vivere con meno di un euro al giorno. Riempiva buona parte delle sue lunghe giornate facendo del volontariato. Andava a mangiare alla mensa della Caritas e dormiva nei dormitori pubblici. Mi appassionava sentire la storia della sua vita e come, di colpo, avesse deciso di cambiarla. “Non sopportavo più quel mondo di falsità, che aveva come presupposto essenziale quello di sfruttare il prossimo. Anche a casa, i rapporti erano basati su un falso presupposto; appena mi licenziai, crollò tutto immediatamente e mi ritrovai solo“. La sua nuova vita era fatta di rapporti essenziali, semplici ma spontanei. La gente gli voleva bene, lo salutava, lo considerava. Era sempre felice e non dava fastidio a nessuno: se vedeva un bambino, lo accarezzava. A un certo punto, non lo vidi più. Chiesi notizie alla signora dell’edicola poco distante: “è mancato, mi disse“. “Come mancato?”, replicai. “Lo hanno trovato morto in una scarpata, poco distante dal punto dove si fermava“. Qualcuno, sicuramente più disperato di lui, probabilmente per rubargli i pochi euro che aveva in tasca, lo aveva ammazzato. Se n’era andato così Carlo, in una fredda notte invernale. Conclusa la chiacchierata con l’edicolante, rientrai a casa, incurante della pioggia battente e fredda. Ancora oggi, a distanza di tanti anni, mi sorprendo a pensare a quest’uomo, alla sua straordinaria capacità di cambiare vita, di vivere con pochi spiccioli, essere felice e, contestualmente, essere utile agli altri. Carlo era riuscito a entrare nelle simmetrie segrete di quel grande mistero dell’esistenza con il passo sicuro e sciolto di chi conosce e ama i sentieri che percorre. Un modello di esistenza, evidentemente, poco compatibile con la nostra idea della vita.

Massimo Conocchia

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Una risposta

  1. Maurizio ha detto:

    Uomo MODESTO dal cuore GRANDE ti voglio bene ❤️

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