A proposito di “opere”

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Egregio Direttore,
ho avuto modo di ascoltare e leggere, negli ultimi giorni, di alcuni confronti tra esponenti politici locali, attinenti alle sorti di importanti opere pubbliche riguardanti il nostro territorio.
Il tema è importante, poiché coinvolge non solo i piani in sé, ma il modo di atteggiarsi e svolgere i ruoli amministrativi connessi e, conseguentemente, merita la giusta valutazione critica.
Sento, pertanto, l’esigenza di fare alcune brevi osservazioni.
Una premessa in merito.
Non ho alcun trasporto diretto e/o indiretto a coinvolgere singole personalità nell’analisi che andrò a sviluppare poiché ritengo utile, ai fini dell’interesse generale, valutare le questioni, e conseguentemente le loro dirette conseguenze, scevre da condizionamenti individuali di sorta.
Il punto di partenza del ragionamento ha una valenza oggettiva, assolutamente non smentibile.
Abbiamo sotto gli occhi, da svariati anni, opere che sono costate alcune decine di milioni di euro, iniziate e mai ultimate.
Mi riferisco in particolare alla c.d. Sibari-Sila, al Teatro Comunale, a Piazza Beato Angelo, al collegamento della Strada Statale 660, alla Caserma dei Carabinieri, al Palazzetto dello Sport, quest’ultimo in via di completamento.
Un discorso a parte deve essere fatto per il Centro Storico ed in particolare per borgo Picitti, in evidente stato di abbandono e degrado, per il quale sono state spese ingenti somme di denaro pubblico, luogo che rappresenta, secondo me, il vero vulnus antropologico, culturale e storico della nostra Comunità.
Su questo aspetto, comunque, non voglio dilungarmi oltre, perché la problematica merita la corretta e necessaria analisi ed approfondimento, non possibile in questa sede.
Orbene, l’attuale stato delle opere indicate, implica una sola deduzione di sistema, ripetiamo non riferibile esclusivamente a questo od a quell’amministratore.
In materia, non è stata rispettata la “programmazione”, la sola attività amministrativa che garantisce, insieme ad altri principi, il corretto perseguimento dell’interesse pubblico generale.
Ed infatti, si assiste da sempre, ad adozioni di decisioni, sicuramente legittime ma non sempre condivisibili, sull’avvio di opere che hanno trovato il loro input iniziale in risorse finanziarie “intercettate” o “volute” da “poteri contrattuali” di natura politica, lavori che, dopo il loro inizio, hanno costantemente patito un arresto, per tempo immemore, per mancanza di ulteriori finanziamenti.
Alcuni di

questi programmi, è bene evidenziare, hanno una sostanziale rilevanza per la vita della comunità locale, mi riferisco alla viabilità, e penso, a ragione, che il non avere agito amministrativamente e politicamente per la loro corretta determinazione, continuazione ed ultimazione, rappresenti una macchia davvero indelebile per coloro che ne sono responsabili, macchia che di certo non può essere lavata attraverso una rivisitazione ad personam degli eventi occorsi.
Il problema, pertanto, di fatto, dello stato attuale, non è la perdita del potere contrattuale decantato, categoria concettuale soggetta alle evidenti intemperie delle dinamiche politiche, ma la mancanza di una cultura amministrativa, rispettosa delle leggi in materia, che vuole che le opere avviate trovino, in una logica di programmazione, il loro corso e quindi la loro ultimazione.
Invece, attori di un balletto insensato, ai vari livelli, passata un’amministrazione, ne arriva un’altra che, davvero non si riesce a comprenderne il motivo, soprassiede alla continuazione dell’opera incompiuta per iniziarne magari un’altra che, ahimè, diventerà esse stessa incompleta.
Si partecipa, in buona sostanza, ad un circolo vizioso senza soluzione di continuità, di cui ne pagano le conseguenze dirette i cittadini e ciò, sia in termini di qualità di vita che economico-sociale.
Ed allora, la responsabilità ed il faro di un buon amministratore, sarà quello di proporre, discutere, anche con forza ma nel rispetto democratico delle opinioni altrui, dell’opportunità di adottare questa o quella decisione.
Ma una volta adottata, sarà d’obbligo degli stessi garanti dell’interesse generale, rispettare le decisioni “democraticamente” assunte a prescindere dal colore e dalla collocazione del politico di turno.
Solo così il circolo vizioso potrà essere interrotto e l’interesse generale garantito, in quanto rispettato.
Un’ulteriore osservazione.

Costante si sfoggia nella disputa politica ed a tutti i livelli interessati, l’uso del termine “potere contrattuale”.
Nella cultura amministrativistica, frutto della scienza connessa, il concetto non trova dimora, non avendo alcuna valenza teorica.
Non esiste un potere politico di contrattare “i” e, “per” fini generali, ma un obbligo di programmare nel rispetto delle priorità necessarie, volute e fissate su base democratica.
In questa funzione, fondamentale appare la “visione” dei progetti, la capacità e la competenza tecnico-amministrativa di conformare le proposte formulate ai criteri stabiliti dai piani generali (c.d. bandi).
Certo, la forza politica “personale” svolge la sua doverosità necessaria in termini propositivi, ma la dispiega solo e nella misura in cui è proprio la scelta di fondo collettiva a garantirne la legittimazione e, quindi, la sua forza, cui fa da supporto, in termini di efficacia, la competenza tecnica ed amministrativa.
In difetto, infatti, si assisterebbe ad un arbitrio rimesso alla singola coscienza politica personale, situazione questa che non scongiurerebbe l’incognita di un atteggiamento paternalistico e non in linea con i tempi e le necessità dovute.
Concludo.
Nell’augurio di un nuovo anno che possa finalmente liberarci dal dramma pandemico, rivolgo un sentito invito a tutti i politici ed amministratori a coltivare, con vivo entusiasmo, la cultura dell’amministrare per visioni e per programmi, ed ad impegnarsi, ognuno nel loro ambito e con forte senso di responsabilità, affinché la nostra Città possa avere un futuro.
In mancanza, non bisogna spingersi oltre con l’immaginazione per penetrare il destino di Acri.

Angelo Montalto

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