Quando il sole della cultura vola basso, i nani hanno l’aspetto di giganti

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L’aforisma dello scrittore Karl Kraus, preso in prestito come titolo per questo articolo, dà l’avvio alla nostra considerazione sui recenti avvenimenti in ambito artistico e culturale. L’azione culturale con cui è stato realizzato un museo all’aperto avrebbe potuto significare uno stimolo di ampia portata, anche, e non solo, utile a scuotere la comunità acrese dalla crisi attuale. Sorprende, però, che i protagonisti di questa azione abbiano svolto questo compito di realtà propinandoci una macedonia scarsamente invitante. Ci vuole poco perché i significati e le loro sfumature si confondano o addirittura perdano senso, in un’età come la nostra caratterizzata da un dispendio vorticoso di parole e di azioni, spesso utilizzate per nascondere anziché mostrare. Quando si investe in cultura devono essere chiare le idee fondanti e l’impegno economico. Quest’ultimo è stato certamente disatteso: le donazioni dislessiche hanno primeggiato, originando tutta una serie di aggiustamenti in corso d’opera che hanno favorito un indebolimento valoriale dell’azione stessa. E il questuante, man mano che ha recuperato l’oggetto artistico, si è prontamente ingegnato a trovare le più peregrine interpretazioni che rendessero convincenti la proposta ai fruitori. Di fronte ad un certo uso demagogico o banalmente seduttivo della comunicazione, non di rado verrebbe voglia di invocare la virtù del pensiero elaborato, a lungo ponderato, e il ricorso al silenzio della riflessione per arginare il pernicioso fenomeno di narrazioni parziali, alterate, decontestualizzate che ci sta portando alla volatilizzazione dei confini tra falso e vero e sopprimendo, sempre più, l’allenamento al pensiero critico per scansare quegli episodi poco chiari e truffaldini. In questo episodio si è anche strumentalizzata la presenza del sindaco junior, presenza certamente pertinente, ma, per ovvie ragioni, usata in modo inappropriato, diseducativo e fittizio. Se il risultato è ciò che vediamo ormai posizionato, dobbiamo purtroppo ancora attendere affinché si possa concepire la cultura come veicolo di coesione sociale e di resistenza a tutti quei fenomeni disumanizzanti di oggi; dobbiamo ancora attendere affinché azioni veramente culturali rendano la comunità consapevolmente attiva e partecipe alla vita pubblica, unita nelle differenze ma insieme erede delle proprie tradizioni, orgogliosa della propria storia e determinata a preservarne da incuria, speculazioni scorrette, e abbandono, il patrimonio materiale e immateriale destinato al presente e al futuro. Investire nella cultura deve significare sempre costruire il futuro della comunità su basi inattaccabili. Mi domando, allora, ancora una volta perché gli amanti della cultura, pur vivendo nel nostro paese, scelgono sempre di tacere?

Michele Ferraro

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