Il ruolo del Microbiota nell’attività fisica e nella dieta

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L’intestino umano ospita 1014 microrganismi facenti parti di centinaia di specie, che partecipano alla formazione di un complesso ecosistema. È dunque fondamentale che via sia equilibrio fra le due parti così da garantire la salute ottimale sia della popolazione batterica sia dell’individuo; l’equilibrio tra il nostro organismo e l’ecosistema che ospitiamo è definito eubiosi. Si stima che circa 1/3 di questa popolazione microbica sia comune a tutti gli individui, mentre i restanti 2/3 sono caratteristici dei singoli individui. Fra i fattori che possono caratterizzare un microbiota “sano” vi sono una maggiore diversità di specie e la stabilità della comunità. Sono numerosi i fattori che possono influire sulla composizione del microbiota intestinale, fra questi: lo stress, l’impiego di probiotici, l’assunzione di antibiotici, il consumo di alcool, la dieta, l’attività fisica. Il microbioma intestinale è dominato da due filotipi batterici (rappresentanti circa il 90%), Bacteroides e Firmicutes. Questi microrganismi esplicano un ruolo attivo e importante in numerosi processi fisiologici.

Il microbiota fornisce all’ospite una serie di funzioni metaboliche, immunologiche e protettive che l’uomo non ha sviluppato durante la sua evoluzione. La funzione protettiva è garantita dalla produzione, da parte dei simbionti, di un biofilm e di metaboliti che agiscono da barriera chimico-fisica, inibendo la proliferazione di patogeni. Inoltre, la presenza di ceppi simbionti compete per spazio e nutrienti con i ceppi patogeni, limitandone anche in questo modo la crescita. Da un punto di vista delle funzioni metaboliche, il microbiota promuove la digestione e l’assorbimento dei nutrienti, fornisce metaboliti importanti per la nostra salute (folati, vitamina K2, e SCFA). Gli alimenti parzialmente digeriti, ed in particolar le fibre, sono fermentati dal microbiota in SCFA (Butirrato, acetato e proprionato). Produce numerosi composti con attività ormonale e/o neurotrasmettitore-like che vengono liberati nel circolo ematico potendo espletare così la loro attività su diversi tessuti (ad es. modula la motilità intestinale). Fra i bersagli ci sono anche strutture cerebrali influendo così sullo stato cognitivo ed emotivo del soggetto. Alla luce di questa capacità di influenzare l’attività di diversi organi, il microbiota è considerato come un organo endocrino vero e proprio. Le perturbazioni che interessano il microbiota possono causare disbiosi che nel lungo periodo è un fattore promuovente il diabete di tipo II, l’obesità, il cancro e diverse patologie infiammatorie. Fra i metaboliti prodotti dal microbiota, gli SCFA sono pleiotropici ed espletano le loro funzioni su diversi tessuti. Hanno un impatto metabolico: sono in grado di controllare l’estrazione dell’energia (quindi la capacità di recuperare energia da substrati non metabolizzati dall’ospite) e hanno un ruolo nel controllo dell’appetito. Modulano inoltre l’asse di PYY che interviene nella motilità intestinale e nella regolazione di GLP1 (incrementa l’insulina sensibilità). Influenzano il sistema immunitario regolando le cellule dendritiche (le quali campionano nell’intestino il contenuto del lume) e le Treg. Gli SCFA rappresentano anche un’importante fonte di energia per gli enterociti. Il microbiota può avere un impatto anche sulla risposta del nostro organismo nei confronti di stimoli stressogeni, come ad esempio un’attività fisica intensa e/o duratura. Numerosi studi in vivo suggeriscono che la composizione del microbiota può influenzare direttamente l’asse HPA tramite il rilascio in circolo di GABA, dopamina e serotonina. Il GABA, ad esempio, è il principale neurotrasmettitore inibitorio nel cervello, ed è anche prodotto da diversi ceppi di lactobacilli, mentre le monoammine (dopamina e serotonina) sono sintetizzate da ceppi diversi.

Microbiota intestinale e sistema immunitario

Un’altra interazione particolarmente importante è quella che si verifica tra microbiota e sistema immunitario. Il microbiota gioca un ruolo significativo nella maturazione del sistema immunitario e nella protezione nei confronti di alcuni agenti patogeni. La flora batterica intestinale “insegna” alle cellule immunitarie a discriminare i potenziali batteri patogeni da quelli simbionti.

Microbiota e dieta

La composizione del microbiota è estremamente plastica. La letteratura scientifica conferma che la dieta può influire in modo significativo sulla composizione e sull’attività del microbiota. Una dieta particolarmente ricca di alimenti di origine animale favorisce la proliferazione di Bacteroides con una conseguente diminuzione di Firmicutes. Un recentissimo studio, ha indagato per la prima volta l’effetto di una supplementazione di proteine (20g di una miscela di whey + beef) sul microbiota. Lo studio randomizzato e in doppio cieco, ha raccolto anche le abitudini alimentari di 24 soggetti ben allenati (almeno 5 allenamenti settimanali da 5 anni). Dallo studio è emerso che la supplementazione non induce cambiamenti della diversità microbica. L’analisi ha mostrato anche un aumento relativo dei Bacteroides, e da un punto di vista del microbioma un aumento dei geni implicati nei pathways proteolitici. Da un certo punto di vista, ciò può avere un significato positivo per la salute dei soggetti: infatti, una alterazione del rapporto Firmicutes/ Bacteroides, con una riduzione dei Bacteroides è associata a condizioni quali l’obesità e un maggiore recupero di energia. Tuttavia, sono diminuiti alcuni ceppi produttori di SCFA (Roseburia e Bifidobacterium longum). L’effetto di una supplementazione di proteine può dunque avere un effetto negativo sulla salute del microbiota, diminuendo in termine relativi ceppi simbionti.

Come l’attività fisica influenza il microbiota

Attualmente sono ancora pochi gli studi che investigano il ruolo dell’attività fisica nel modificare la composizione e la funzionalità del microbiota. Un fattore limitante questo tipo di studi è spesso l’effetto della dieta sulla composizione del microbiota, fattore che è difficile da escludere. L’attività fisica si è dimostrata essere in grado di modulare la sintesi di SCFA, esercitando un particolare influenza sulla sintesi di butirrato. In particolar modo, dati ottenuti in vivo evidenziano che siano in grado di aumentare la sintesi di butirrato in virtù di un aumento relativo dei ceppi produttori. Sono disponibili pochi studi condotti sull’uomo. In uno di questi, sono stati confrontati un gruppo di giocatori di rugby con dei controlli sedentari. Sono stati raccolti questionari sull’attività fisica svolta e la dieta seguita, ed infine sono stati analizzati dei campioni fecali. Sebbene ci fossero delle differenze nella dieta seguita, è emerso che i giocatori di rugby presentavano una maggiore diversità microbica, indice, come detto in precedenza, di un microbiota “più sano”. Un’altra indagine ha determinato l’attività enzimatica nei campioni fecali dei due gruppi. È emerso che l’attività della cisteina aminopeptidasi batterica era aumentata (6.6 volte) nelle donne attive rispetto a quelle sedentarie. L’attività di questo enzima è tipica dei lattobacilli, ma nello studio non è stata trovata una presenza diversa di questa famiglia batterica nei due gruppi. L’esercizio fisico potrebbe dunque provocare cambiamenti nel profilo metabolico del microbiota, e non solo influire sulla composizione. Un terzo studio ha preso in esame giovani adulti che seguivano diete simili ma presentavano gradi di allenamento diverso ed è stato confrontato il loro microbiota. Il grado di allenamento è stato valutato misurando il VO2max. Lo studio ha mostrato che circa il 20% della variazione dell’alfa-diversità (diversità interindividuale) può essere dovuto al VO2max. Inoltre, la capacità cardiorespiratoria si è dimostrata essere un buon perditore della diversità microbica intestinale. Lo studio ha mostrato variazioni metaboliche importanti, con una diminuzione dei pathways di sintesi dell’LPS e un aumento dei pathways del butirrato.  Gli adattamenti agli esercizi fisici di lunga durata potrebbero dunque portare a cambiamenti del tratto GI che possono influenzare l’ecosistema intestinale (pH, capacità di assorbimento dei nutrienti ecc.). Di conseguenza, si può parlare di un adattamento anche del microbiota, e del suo metabolismo, allo stile di vita fisicamente più attivo dei soggetti più allenati.

Conclusioni

Alla luce di quanto descritto, emerge chiaramente come vi sia un complesso network d’interazioni fra il sistema immunitario, il sistema gastrointestinale, il microbiota e il cervello. Qualsiasi fattore esogeno che possa alterare la funzionalità di uno di questi “attori” finisce per influenzare inevitabilmente l’attività degli altri e di conseguenza per avere ripercussioni non solo sulla prestazione atletica del soggetto, ma anche sulla sua salute. La letteratura, non in ambito sportivo, sul miglioramento della salute intestinale e del mantenimento dell’eubiosi è molto vasta, e sono già disponibili anche i primi studi condotti sull’uomo anche in ambito sportivo.

Diviene dunque fondamentale per il Nutrizionista aver ben presente l’impatto della dieta e di eventuali supplementi su questo network al fine di garantire la massima forma fisica dell’atleta e la sua migliore salute fisica e psicologica.

Antonia Cassavia

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